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Visualizzazione dei post da 2014

Koudelka a Bard.

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Santo Stefano mi porta il regalo della visita ad una mostra di alto livello. Al Forte di Bard in Valle d'Aosta espone il fotografo Josef Koudelka . La personale si intitola Vestiges 1991-2014 e rimane aperta fino al 3 maggio 2015. Sul sito del Forte ci sono le informazioni utili. Prima di tutto vorrei sottolineare il notevole lavoro di progettazione dell'allestimento, che il personale delle sale mi dice essere merito di Andrea Holzherr , responsabile di Magnum Photos per le esposizioni e gli eventi culturali. Gli spazi delle Cannoniere di Bard, già seducenti di loro, vengono occupati non solo con stampe fotografiche a muro di grandi dimensioni e impatto, ma anche con bassi parallelepipedi variamente disposti sul pavimento e contenenti le fotografie nella faccia superiore. L'insieme dell'installazione, giocata proprio sulle diagonali, rispetta e valorizza uno dei punti di forza essenziali del modulo compositivo di Koudelka. A integrazione della mostra uno slid

Buone feste.

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Eccoci qui anche quest'anno. Passerà e tornerà l'anno prossimo. Sono quelle scadenze che, anche se non vuoi, danno un ritmo allo scorrere del tempo. Approfitto del momento per ringraziare quanti guardano le mie immagini e leggono le mie parole qui come altrove. A volte forse posso dare l'impressione che non me ne importi nulla, ma non è così. Solo che per me tutto questo viene dopo. Sarei certamente molto meno contento se proprio nessuno mi desse retta, ma sarei ancora meno contento se il primo a non darmi retta fossi io stesso. Per fortuna questo ancora non accade e quindi continuo ad incuriosirmi, e anche ad entusiasmarmi, quasi ogni giorno. Penso sia questa la vita, almeno la mia. Ora bando alle ciance, auguro a tutti di passare bene questo periodo e i giorni che verranno. Nel caso qualcosa non andasse come dovrebbe, ricordarsi sempre di Rossella O'Hara e pure di Rhett Butler però.

L'esperienza, prima del verbo e pure del nome.

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©2014 Fulvio Bortolozzo. Il linguaggio verbale, poi divenuto scritto/verbale, è talmente antico da sembrare connaturato all'umanità stessa. Sembra persino all'origine della nostra diversità nel mondo animale. Nessun'altra specie sul pianeta ci pare possedere qualcosa di così articolato e complesso. " Io parlo dunque sono ", potremmo persino dirci, parodiando Cartesio. A mio modesto parere le cose non stanno così. Esiste un'umanità preverbale che non si è estinta con l'avvento del Verbo , sì perché per nostra disgrazia le religioni monoteiste portano il linguaggio scritto/verbale alla suprema esaltazione: quella religiosa.  Prima del verbo, e pure del nome, viene l'esperienza delle cose. Qualcosa che non è comprimibile, riducibile perfettamente in un linguaggio. L'esperienza è la fonte originale dell'umanità come specie. Un'attività individuale, o meglio che si rinnova in ogni individuo umano, e che produce, unita all'intelligenza

La loro semplice esistenza ci appaga.

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Piero della Francesca,  L'Incontro tra Salomone e la Regina di Saba (1452ca, dett.) (...) dopo sessant’anni di intima dimestichezza con opere d’arte d’ogni specie, d’ogni clima e d’ogni tempo, sono tentato di concludere che a lungo andare le creazioni più soddisfacenti sono quelle che, come in Piero e in Cézanne, rimangono ineloquenti, mute, senza urgenza di comunicare alcunché, senza preoccupazione di stimolarci col loro gesto, il loro aspetto. Se qualcosa esprimono, è carattere, essenza, piuttosto che sentimenti o intenzioni di un dato momento. Ci manifestano energia in potenza piuttosto che attività. La loro semplice esistenza ci appaga. Bernard Berenson, " Piero della Francesca o dell'arte non eloquente ".

L'arroganza delle parole.

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©2014 Fulvio Bortolozzo. Sto scrivendo i miei pensieri. Punto. No, sto scrivendo un flusso di coscienza. No, non mi chiamo Joyce. Sto scrivendo. Punto e a capo. Le mie dita premono dei tasti, le mie dita... Sembra che tutto quello che un umano può fare sia stabilire delle proprietà. Le mie parole, le tue dita, la fotografia è mia perché l'ho fatta io, no è mia perché se non te la guardo e non ci scrivo o dico qualcosa non esiste. Mia, tua, mia, tua, mia, tua. Quando arriva la mamma con il battipanni? C'è vita oltre le parole? Esiste un universo indicibile, ma percepibile? Lo chiederò al Crozza di Kazzenger. Per ora so, perché lo faccio, checché ne dica chiunque e comunque, che l'esperienza del fotografico esiste, è individuale, non ha bisogno di nessuno e funziona. Mi fa star meglio. Suprema forma di onanismo per alcuni? Ne prendo atto. Non smetterò mai per questo di esperire il fotografico. Nel silenzio, senza obblighi sociali di spiegare niente a nessuno. Dite c

Più forte e luminosa di prima.

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Nella luce l'ombra è essenziale. Senza di essa non si può realmente percepire tutta la potenza vitale della luce. Stamattina, da stanotte anzi, qualcosa del genere mi agita. Sono tornato ieri sera da un fine settimana luminoso, perché ricco di entusiasmo, incontri, sentimenti, pensieri. Una bella (ri)carica vitale. Stanotte però imparo che un amico, una persona che fa parte da tempo delle consuetudini migliori del mio vivere il fotografico, una persona che incontro puntualmente, sempre sorridente e sempre pronta a trasmettermi la sua vitalità, non c'è più. Improvvisamente. Un'ombra scura, densa. La sento dentro. La luce proprio per questo mi appare più forte, più essenziale, più inesauribile. L'ombra attende il suo momento che implacabilmente arriva. La luce non svanisce però per questo, non appartiene a noi, ci attraversa e continua a farlo anche quando l'ombra finisce per dare l'illusione di riuscire infine a dissolverci. Grazie Ale, la luce che ti attravers

L'equivoco del soggetto.

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©2008 Fulvio Bortolozzo, dalla serie "Un habitat italiano". Lo so, capita anche a me. Quando mi trovo a passare vicino ad un serbatoio d'acqua fatto a torre, con la sua bella testona grande e le gambette sottili, nella mente mi si illumina un nome: "Becher". Se cammino su una spiaggia d'inverno e guardo alle sue strutture balneari in disuso il nome diventa "Ghirri". Potrei andare avanti, ma ci siamo capiti. Curiosamente nel fotografico avviene una sorta di "privativa d'autore" sui soggetti stessi. Non mi appare necessariamente in testa Vang Gogh quando sono in una sala da biliardo o Fontana (Lucio) tutte le volte che taglio qualcosa. C'è un equivoco, uno scambio di attenzione, e quindi di identità, tra il visivo fotografico e il soggetto che viene ripreso. Come se le cose nascessero solo quando vengono fotografate e la paternità di questa nascita fosse di chi per primo le ha prese con la fotocamera e ridotte ad immagini di

Artissima e The Others 2014.

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Artissima, 2014. Quelle che per me sono ormai due fiere d'arte contemporanea assolutamente complementari non mettono più in evidenza il numero di edizioni che son passate dalla loro prima apertura. Segno che si sentono esse stesse talmente consolidate da darsi per scontate anno dopo anno. L'edizione 2014 conferma alcuni caratteri che le connotano: ampia, molto decorativa, e persino lussuosa, Artissima nella sede dell'Oval; claustrofobica e però molto coinvolgente The Others alle ex carceri Le Nuove . Ad Artissima ci vogliono 15 euro per passare qualche ora a fare qualcosa di diverso dall'andare alla solita Ikea a scegliersi un arredo di design sì, ma che costi meno di quello che sembra. Persone medie, con redditi medi e famiglie medie, ma con quel qualcosa di colto in più che non guasta, sempre attrezzate di passeggini giusti, scarpe giuste, disponibilità al coinvolgimento giusta. Ogni tanto qualche visitatore più originale, con quel tanto di "artistico&quo

Una fotografia è un piacere.

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Ma sono buone le fotografie di Steve McCurry per il nuovo calendario Lavazza oppure no? Sulla rete diverse voci affrontano la questione. La maggior parte sono dell'idea che le fotografie di McCurry non siano buone perché appesantite da una postproduzione talmente evidente ed invadente da rendere ben poco verosimili i soggetti in esse ritratti. Poi però se si va a vedere la produzione recente di questo fotografo sul suo sito non c'è tutta questa differenza: colori saturi che più saturi non si può, luci improbabili e fotografie che sembrano icone psichedeliche. Sì, forse qualcosa di plasticoso in più in alcune c'è, però questa è la cifra del fotografo, fin dai famosi tempi della bambina afgana dagli occhi verdi . Allora McCurry, in assenza di tecnologie digitali, usava il Kodachrome, che era la pellicola con i colori più "finti" mai prodotta. Le sue supersaturazioni, esaltabili stampandola su Cibachrome, sono rimaste leggendarie. Detto questo, in ogni caso, la

Lodi all'etica, meglio se donna.

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Ieri una scappata, la prima, finalmente. Il Festival della fotografia etica , mi ha sempre incuriosito, per via del nome altisonante, ma anche respinto, perché si presenteva come settoriale: cose per addetti all'informazione sulle gambe storte di quel cane che è il mondo. Il mio interesse per il fotografico si sviluppa su terreni visivi più ampi di quelli del giornalismo fatto con le immagini, il quale, ai miei occhi, soffre da parecchio tempo di un forte problema di inaridimento iconografico . L'ennesimo primo piano del volto di un bimbo africano con gli occhi spalancati da qualche disgrazia o la rappresentazione di violenze e situazioni border line sempre con gli stessi stilemi drammatizzanti in prevalenza fatti di contrastati bianco e nero dilatati da grandangoli sempre più esasperantemente vicini all'azione (Capa docet) producono alla fine una sterilizzazione delle emozioni, una interscambiabilità di una situazione con l'altra. Finisce che se non si passa il te

Guardar per terra.

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Alla Triennale di Milano è ancora visibile fino al 9 novembre prossimo la mostra Nessun luogo. Da nessuna parte. Viaggi randagi con Luigi Ghirri . Accompagna la mostra un libro omonimo edito da Skira con saggio di Arturo Carlo Quintavalle. L'operazione è ambigua. Sotto le spoglie di un recupero culturale importante, quello del Ghirri che fotografava per Guerzoni quando non era nemmeno lontanamente il Ghirri che poi sarà, si cela a mio parere l'ennesima operazione di marketing sui resti lasciati dal fotografo scomparso precocemente nel 1992. Quelle fotografie fatte da Luigi Ghirri saltano fuori solo ora dall'archivio privato di Guerzoni, dove erano conservate come materia prima in parte non utilizzata per le sue opere d'artista, perché Luigi Ghirri, l'amico che all'epoca gli forniva la competenza fototecnica, proprio in questi anni, con colpevole ritardo aggiungo io, ha preso finalmente la patente ufficiale da " artista ", assegnata dagli add

Una fotografia non è una mela.

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©2014 Fulvio Bortolozzo. Ultimamente sulla rete, leggo post e commenti vari che in sintesi girano intorno al rapporto tra le parole e le fotografie. Mi pare di vedere una tendenza maggioritaria a considerare questo rapporto in funzione delle parole. Un'immagine vale mille parole, si diceva un tempo. Poi qualcuno chiosò: "Purché vengano dette". Ora, purtroppo, le dicono per davvero e ne dicono anche molte molte di più. Troppe. In passato su questo blog ho già scritto della questione, e altre volte ancora mi sa che ne scriverò. Se si prende una fotografia, se si guarda una fotografia è perché aggiunge qualcosa di indicibile. Non scivoliamo via in fretta da questa parola: "indicibile". Esiste qualcosa nella nostra vita che sia indicibile? Io sono convinto di sì. Penso, sento e molte cose mi accadono e mi attraversano senza riuscire a diventare parole, frasi, pensieri razionali. Una fotografia, in qualche caso fortunato, può contenere tracce di questo "indi

SI FEST, l'ultimo giorno.

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Finalmente del tempo tutto per me. Ben speso direi. Un'incursione al SI FEST OFF dove ho potuto trovare diversi lavori decisamente interessanti. Poi una doverosa genuflessione davanti alla bravura di Gerry Johansson: fotografie silenziose, dense, ricche di cose da osservare con tutta calma. Proprio l'approccio al fotografico che prediligo. Un veloce salto alla lettura portfolio e una chicca: Arte, fotografia e media negli anni Settanta . Io c'ero, alcune edizioni le possiedo da allora. Effetto nostalgia. In ultimo riesco ad arrivare nel tratto finale del dibattito sulla "Nuova fotografia italiana", ma più che di cose nuove ho ricevuto l'impressione di cose vecchie che stentano a comprendere la contemporaneità. Forse saranno pure arrivati dei nuovi barbari riuniti in collettivi autoreferenziali e che fotografano pieni di ingenua fiducia nella possibilità  di rappresentare e documentare, ma certo restare al riparo di lezioni vecchie di decenni, e mai portate d

SI FEST, davvero un altro giorno.

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Il giorno più lungo, per me. Tavola rotonda il mattino. Molto vivace e piena di spunti di riflessione. Tra l'altro ho finalmente stretto la mano a Michele Smargiassi per la prima volta. Esiste davvero. Primo pomeriggio presentazione in municipio di Questo Paese , con slide show, alla presenza di diversi fotografi del progetto. C'erano pure Giancarlo Rado e Luca Moretti, dalla rete alla realtà. Poi giù in piazza a vedere portfolio, un paio li ho segnalati. Sempre coinvolgente come esperienza. Da ripetere. Infine la serata all'ex Mir Mar con Claudio Corrivetti, davvero grande nell'organizzare e portare a buon fine il tutto, e Alessandra Capodacqua.  Molti dei collettivi in mostra hanno così potuto prendere brevemente la parola davanti ad un pubblico particolarmente interessato. Momento straordinariamente pieno di energia, avvertita e dichiarata da molti dei partecipanti. Quest'anno i curatori Stefania Rössl e Massimo Sordi, oltre al merito di predisporre in tempi mo

SI FEST, domani è un altro giorno.

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Sono stanco, giorno denso più del previsto questo venerdì inaugurale del SI FEST #23. L'organizzazione tiene, tutti si danno un gran da fare, con cortesia e disponibilità estrema: dal più fresco d'esperienza dei volontari fino ai curatori stessi, Stefania Rössl e Massimo Sordi, che stasera vedevo davvero molto provati dall'enorme mole di lavoro messo in cantiere, in specie con Laboratorio Italia . Chiaramente qualcosa sfugge sempre durante così grandi lavori in corso con così esigue forze in azione, e stavolta è toccato proprio a Questo Paese che non vede ancora attiva la propria installazione, occupata tra l'altro in parte dall'accastamento del necessario per una piccola zona bar da concerti. Non me la sono però sentita di prendermela con gli organizzatori, anche se ne avrei avuto ben ragione, perché sinceramente ho apprezzato l'idea e lo sforzo, caotico sì, di mettere insieme 35 realtà collettive, sperimentali ed estremamente interessanti attualmente atti

Questo Paese al SI FEST #23.

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©2005 Fulvio Bortolozzo - dalla serie Scene di passaggio (Soap Opera). Ci siamo. Domani sera sarò a Savignano sul Rubicone e ci resterò fino a domenica mattina. L'occasione è quella del SI FEST , erede di quel Portfolio in Piazza , che fu una ormai storica manifestazione della cultura fotografica nostrana. La prima volta che ci andai fu proprio per via della formula "easy" che conteneva: potevi anche svegliarti al mattino presto del venerdì, ramazzare dal cassetto qualche foto e la portavi a vedere lì, senza altra incombenza che fare un poco di coda per scegliere chi avresti voluto che ti bastonasse l'ego. Fu così che nel 2005 mi risolsi d'impulso a portare due serie su cui stavo lavorando: l'interminabile e autobiografico Scene di passaggio (Soap Opera) e Olimpia , un attraversamento notturno dei luoghi di Torino in trasformazione. Avvennero fatti miracolosi. Fabrizio Boggiano mi guardò le stampe di Scene , vuoti luoghi urbani e semiurbani, come stess

Gianni Berengo Gardin, un fotografo di classe.

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  Berengo Gardin guarda Ugo Mulas, GAM Torino. ©2008 Fulvio Bortolozzo. Da più parti ultimamente salgono voci a criticare le varie dichiarazioni di Gianni Berengo Gardin (classe 1930) sulla fotografia vera o presunta, sul digitale, sull'arte e via dicendo. Indignazioni, repliche, stracciar di vesti di ardenti sostenitori delle tesi opposte. Bene, scusate il francese, ma mi sono rotto le palle di sentir tutto questo agitarsi di scudi contro un signore che ha raggiunto un'età veneranda dopo una vita da fotografo, quando fare il fotografo era un mestiere come un altro. Questo è il vero punto, ora che in troppi per avere una fotocamera in mano si considerano artisti, autori, intellettuali prestati, docenti incaricati. Gianni Berengo Gardin è un uomo che tutto solo soletto si è inventato da zero un lavoro che gli piacesse, in epoche in cui il lavoro che non ti piaceva, ma ti manteneva a vita, era elargito con una certa abbondanza. Con la sua fotocamera ha ideato, realizz

Il luogo tra topografia e scena.

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Mauro Thon Giudici durante la conferenza (foto: Fulvio Bortolozzo). Lo scorso 11 settembre Mauro Thon Giudici ha tenuto una conferenza nella sede dell' associazione L'impronta di Cosenza dal titolo " Adattamento. Il paesaggio raffigurato dalla proprietà privata alla Divina natura, passando per l'impero coloniale ". Come si può intuire dal titolo l'argomento era piuttosto complesso, ma è stato comunque  ben presentato dal relatore anche se, forzatamente, solo nei suoi punti fondamentali. Rimando al video che verrà spero presto messo nel canale You Tube di un socio de L'impronta chi volesse riascoltare l'ora e venti circa della serata. Nel frattempo è già visibile il video della conferenza precedente, propedeutica a quest'ultima per certi aspetti. Nel discorso fatto da Giudici vi è un passo che vorrei mettere in rilievo. Riguarda l'origine del concetto di paesaggio così come viene a formarsi nella tradizione pittorica europea. Nella pr

Come i cavoli a merenda.

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©2013 Fulvio Bortolozzo. Una questione complessa, non solo nel fotografico, è quella dell'autore. Nel Novecento la figura romantica del demiurgo eroico e geniale è stata smontata pezzo per pezzo dalle feroci critiche ideologiche provenienti in massima parte dall'ambiente culturale marxista. Non senza valide ragioni. Come però spesso accade si passa da un'esagerazione all'altra ed ora il povero autore fatica ad essere persino preso in considerazione come tale, massacrato da tutti quelli che si arrogano il diritto di dire e fare delle sue opere quello che più pare e piace. In medium sta virtus . Il che non significa trovare la virtù nella mediocrità, ma cercare un punto di equilibrio. Fedele a questa regola di vita, penso che l'autorialità sia una componente ineliminabile nella produzione di una qualsiasi opera, non solo e necessariamente d'arte. Senza autori, niente opere. Nel contempo, dando il giusto riconoscimento, quando si possa, alla paternità di u

Trippa per gatti.

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©2014 Fulvio Bortolozzo. Vero, falso. Semplice a dirsi, impossibile a determinarsi, se non con un atto di fede. Il linguaggio scritto stesso che sto adoperando ora è una falsificazione di ciò che si agita nella mia mente mentre scrivo. Sto quindi scrivendo il "falso", ma lo faccio per riportare come posso il "vero" di ciò che penso di pensare. Un gioco di specchi senza fine, una condizione umana ineliminabile. Inutile insistere, si torna sempre da capo a dodici. Sarebbe quindi anche ora, ma non sarà così purtroppo, di piantarla lì con le troppe chiacchiere sulla verità e sulla falsità nel fotografico. Come per ogni linguaggio ed espressione umana, verità e falsità sono sempre presenti e variano di combinazione in infiniti modi. Può essere anche possibile analizzare questi modi, ma essendo infiniti non è che se ne ricavi chissà che risultato epocale. Capiti i primi 100, se ne stanno già usando in giro per il mondo migliaia d'altri di nuovi. Allora più

L'anima, nel migliore dei casi.

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©2014 Fulvio Bortolozzo. Fotografare è un atto tecnico, prima di tutto. Bisogna mettere in azione un congegno. Un gesto complesso che oggi può essere diretto e semplice quasi come il puntare qualcosa con il dito indice. Gesto quest'ultimo che le antiche madri insegnavano ad evitare ai loro figli, perché ritenuto molto maleducato. Come il fissare troppo intensamente e a lungo una persona. Selezionare, scegliere con lo sguardo è quindi qualcosa di aggressivo e sovversivo perché estrae dal contesto indifferenziato una percezione in particolare. Non esiste una neutralità dell'atto fotografico. La si metta come si vuole, è un prendere, un portare via qualcosa. L'anima, nel migliore dei casi.

Uno strano specchio in forma di finestra.

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©2014 Fulvio Bortolozzo. Più che con il disegno o la pittura, con una fotocamera si mette in atto un'azione che origina da ciò che si è in grado di percepire. La percezione è un'attività molto complessa che impegna a fondo il cervello umano. Nella percezione rientrano anche i pensieri. Se una cosa puoi pensarla allora puoi percepirla. Riconoscerla. Termine ultimo del percepire è difatti il riconoscere, portare a livello di coscienza qualcosa e quindi averne consapevolezza. Il semplice abbandonarsi al flusso visivo degli occhi non produce nulla di tutto questo. Deve intervenire una scelta, una soglia di attenzione va superata. Qui iniziano, e finiscono, le possibilità del fotografico. L'azione tecnica che ne consegue rispecchia ciò che il fotografante è in grado di pensare: se hai pensieri banali farai fotografie banali. In questo senso, una fotocamera è davvero uno strano specchio in forma di finestra. .

Fino alla prossima fotografia.

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©2014 Fulvio Bortolozzo. La questione fondamentale, quella dalla quale tutto deriva è quella del tempo. Al di là di funzioni e finalità. Oltre ogni aspetto professionale o d'amore, perché nel fotografico si lavora e si ama, così almeno si usa pensare. Superando tutte le parole che si affacciano alla mente, per quanto acuminate o confuse, resta una questione di tempo. Quale tempo? Il mio. Un tempo dato, forse persino predeterminato. Il mio perché riguarda me, ma è anche il tuo, che stai ora impiegando per leggermi. Se questa misura del tempo umano è finita, com'è nei fatti biologici per quanto le religioni si sforzino da sempre di inventare prolungamenti di varia natura, allora ecco che diventa uno dei temi di riflessione più interessanti. L'approccio fotografico alla questione del tempo è terribilmente semplice: lo sposta. Nel prendere una fotografia si spende del tempo esistenziale finito, il proprio. Anche solo per una frazione di secondo, che poi è sempre molto

Questo Paese a Corigliano Fotografia 2014.

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28 giugno 2014 Presentazione del progetto a Corigliano Fotografia 2014. Questo Paese Osservazioni fotografiche nell'Italia contemporanea A cura di Fulvio Bortolozzo Fotografie: Antonio Armentano, Roberto Bianchi, Sandro Bini, Nino Cannizzaro, Luca Capello, Ilenio Celoria, Domenico Cipollina, Carlo Corradi, Claudia Corrent, Benedetta Falugi, Paolo Fusco, Mauro Thon Giudici, Salvatore Lembo, Andrea Lombardo, Luca Migliorini, Luca Moretti, Gaetano Paraggio, Mattia Parodi, Bruno Picca Garin, Giancarlo Rado, Mattia Sangiorgi, Tiziana Sansica, Franco Sortini, Giacomo Streliotto, Rodolfo Suppo. Progetto editoriale: ©2014 Fulvio Bortolozzo Tutte le fotografie sono di proprietà esclusiva dei loro Autori. We Do The Rest https://www.facebook.com/groups/wedotherest Video girato senza tagli da Mauro Thon Giudici. .

Da Ghirri ai ghirrini.

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©2014 Fulvio Bortolozzo, dalla serie "Appunti per gli occhi". Da qualche giorno tra i blog di fotografia che seguo più assiduamente mi è apparsa una specie di ola , di quelle che si vedono sugli spalti alle partite dei Mondiali di calcio. La vedo iniziare da Michele Smargiassi il 18 giugno scorso con un post intitolato " Considerazioni di un idiota sulla foto d'arte " , prosegue il 21 giugno con " L'equivoco ghirriano " di Efrem Raimondi e la vedo arrivare dalle mie parti oggi con il post " La soglia " di Enrico Prada. Non resisto quindi all'idea di alzarmi anch'io in piedi per consentirle di andare oltre, se qualcun altro vorrà raccogliere questa espressione spontaneista di festosa partecipazione. Conosco l'opera di Ghirri fin quasi dal suo inizio. Nel senso che, inconsapevole giovincello pastrocchiante con le fotocamere per tirarne fuori qualcosa di "mio", mi imbattei nell'edizione fresca di stampa di &qu

Un senso predeterminato.

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©2000 Fulvio Bortolozzo, dalla serie "Alphaville". Prendere fotografie è un atto semplice oggi. Lo sarà ancora di più nel futuro. Chissà che non mi tocchi di vedere il primo umano dotato di camera innestata fisicamente nel cranio e connessa ai centri cerebrali deputati alla visione. Basterà allora attivare la scintilla dell'intenzione per ricavarne l'immagine fotografica ed estrarla da fessure che chiunque può fantasticare quali e come saranno. Forse però immagino solo carrozze con motori a scoppio al posto dei cavalli. Nel futuro la stessa intenzione cerebrale sarà magari trasmissibile come flusso elettromagnetico tra un umano e l'altro o molti. La macchina fotografica, oggetto da museo, scomparirà del tutto sostituita da connessioni neuronali intra ed extraindividuali. L'inconscio quindi sarà finalmente libero dalla tecnologia e si esprimerà direttamente? Temo proprio di no, anzi. L'umanità bionica che abbiamo di fronte sarà sempre più parte dell

Osservare, semplice a dirsi.

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©2014 Fulvio Bortolozzo. L'osservazione è una pratica di conoscenza, o almeno a questa è idealmente rivolta. Difatti sta alla base del metodo scientifico. La consapevolezza che non sia un atto neutrale ne complica però lo statuto. L'osservazione finisce quindi per avere sempre una doppia direzione analitica: quella che conduce dall'osservatore verso il soggetto, ma anche dall'osservatore verso se stesso. Ogni risultato di un'osservazione contiene quindi elementi analitici ambivalenti e nell'identificarli correttamente risiede il successo dell'operazione. A complicare ulteriormente le cose nel fotografico arriva la macchina. L'osservazione da cui si traggono tracce fotografiche contiene quindi ben quattro direzioni analitiche differenti. Oltre alle due precedenti, si aggiungono quelle automatiche messe in atto dal dispositivo: dalla fotocamera verso il soggetto e dalla fotocamera verso se stessa. Ecco quindi che in una fotografia, molto diversam

Come fossero ecografie.

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Facciamo un piccolo spostamento tra immagini automatiche. Passiamo da quella basata sulla luce a quella che nasce dagli ultrasuoni. Forse così si può meglio mettere in evidenza la messe di parole a vuoto che vengono consumate sul fotografico, in specie quando lo si relaziona alla pittura o alla narrativa letteraria. Spero che nessuno tra i miei lettori, che non sia stato preparato professionalmente a farlo, pensi di poter guardare il visivo ecografico sostenendo di poterne trarre indicazioni diagnostiche pertinenti. Difatti alla voce "Ecografia" si legge su Wikipedia: " L'ecografia è, in ogni caso, una procedura operatore-dipendente, poiché vengono richieste particolari doti di manualità e spirito di osservazione, oltre a cultura dell'immagine ed esperienza clinica ". Non cambia nulla per il fotografico. La falsa credenza che una fotografia riproduca ciò che sta davanti alla  fotocamera come potrebbe farlo il sistema umano occhio/cervello è all'ori

Il falso problema della fotografia come arte.

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©2014 Fulvio Bortolozzo. Da diverse parti, e troppi anni ormai, arrivano sempre nuove voci a porre una questione assillante: "La fotografia è un'arte?". Da cui consegue: "Se sì, che genere di arte è?". A giudicare dal recente convegno internazionale di Cinisello Balsamo , al quale ero presente, mi pare di capire che simili domande sul sesso degli angeli assillino ormai solo i cervelli di miei compatrioti dediti al godimento dell'intelletto. Nel resto del mondo occidentale e occidentalizzato sembra che si studino i fenomeni culturali per come si presentano, cercando poi di darne semmai conto senza per forza incasellarli in qualche categoria aprioristica. Una logica semplice e pragmatica che non ha molta fortuna in una tra le maggiori Culle dell'Arte (così almeno ci viene rappresentata l'Italia nel selfie autoconsolatorio inoculatoci nella mente fin dalla più tenera infanzia). Cosa sia l'arte, cosa sia la fotografia sono questioni oziose p

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