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Il nostro passaggio sulla Terra.

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Pokémon GO. Nel 1996 nascono i Pokèmon. Avevo già 39 anni all'epoca, ero quindi preso da divertimenti per adulti, e per questo, non avendo figli e nipotini, ne venni a sapere per caso, poco o nulla. Vedevo in giro questi bimbetti e ragazzini che parevano rincitrullirsi pigiando tasti su quel piccolo aggeggio che mi dissero si chiamava Gameboy . Vidi poi dei pupazzetti nelle vetrine dei negozi di giocattoli, uno dei quali mi divertiva anche perché si chiamava Pikachu , il che aveva un'assonanza con il piemontese Piciu , che mi sembrava quanto mai pertinente. Fine della mia frequentazione di quel mondo lì. Oggi arrivano i Pokémon GO e la faccenda torna di  moda, in una versione persino più demenziale. Il Gameboy è stato sostituito dallo smartphone, ovviamente iPhone o Android, e il parco giochi diventa l'intero mondo, grazie alla meticolosa attività di Google con le sue Google Maps , tesa a rendere sempre più possibile l'ormai antico paradosso calviniano di una map...

Non tutto è immagine.

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La notizia recente è che Instagram ha deciso di consentire la pubblicazione di immagini con formati diversi dal quadrato senza che si debba ricorrere ad app di terze parti per poterlo fare. Apriti cielo. I fondamentalisti di quel social han levato gli scudi (quadrati) in aria. Su Wired è apparso un articol o il 2 settembre scorso che corregge un poco il tiro rispetto alla reazione "di pancia" del 27 agosto nella quale si sosteneva addirittura questo: " L’apertura alle foto rettangolari certifica che Instagram non è più un luogo di sperimentazione, ma solo di pubblicazione. ". Sono particolarmente colpito da come delle invenzioni di marketing possano venire prese per attività di ricerca espressiva, magari "di massa", nelle quali la missione sia quella di "liberare" la cosiddetta "creatività" degli utenti. Lo stesso equivoco è alla base del successo dei "filtrini" che pasticciano una presa fotografica fino a farla sembrare ...

Instagram fa le foto.

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Così mi son visto scrivere da un amico che fotografa come me da oltre trent'anni. Ohibò mi son detto, qui c'è della confusione da chiarire. Di recente, per motivi familiari, ho ceduto alla necessità di dotarmi del mitico smartphone . Un mondo di possibilità mi si è aperto. Tra queste, quella di accedere finalmente alla "peste oculare" come produttore di contenuti e non solo come osservatore dal pc. Dopo le prime sperimentazioni, mi è stato subito confermato quello che già intuivo osservando: tutto si riduce ad un social come altri, l'esempio più vicino che mi viene in mente è Tumblr . L'unica vera particolarità è di marketing, qui sta il genio. L'accesso venne riservato dapprima solo agli iPhone e in seguito anche a tutti gli altri smartphone. Niente PC, niente Photoshop. Saltata via una storia per aprirne un'altra. Quale altra? La fotografia in connessione mobile. In sostanza, il tempo intercorrente tra la presa della fotografia e la sua diffu...

Noblesse oblige.

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Se c'è un'esigenza profondamente umana è quella di esibire un'identità. Non importa quale purché sia la migliore possibile, quella più raggiungibile e mantenibile nel tempo senza che si possa facilmente svelarne la finzione. Perché ogni identità, per sua natura, è una finzione. Nel gioco di ruolo sociale dei rapporti umani, l'identità è una precondizione irrinunciabile. Così, vestirsi in un certo modo, atteggiarsi in un tal altro, adornare con certi oggetti il corpo, muoversi in una particolare maniera, sono tutte espressioni, persino involontarie, di identità. Danno l'innesco alla relazione con il prossimo e nutrono il pregiudizio, cioè quella opinione che sta all'inizio di un percorso di conoscenza o del suo rifiuto. Sarà forse per questi motivi più universali che anche nel piccolo mondo fotografico assume un'importanza identitaria rilevante la strumentazione adoperata. Basta frequentare circoli, social network, gruppi, per rendersi conto che sul pia...

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