Osservare, semplice a dirsi.

©2014 Fulvio Bortolozzo.
L'osservazione è una pratica di conoscenza, o almeno a questa è idealmente rivolta. Difatti sta alla base del metodo scientifico. La consapevolezza che non sia un atto neutrale ne complica però lo statuto. L'osservazione finisce quindi per avere sempre una doppia direzione analitica: quella che conduce dall'osservatore verso il soggetto, ma anche dall'osservatore verso se stesso.

Ogni risultato di un'osservazione contiene quindi elementi analitici ambivalenti e nell'identificarli correttamente risiede il successo dell'operazione.

A complicare ulteriormente le cose nel fotografico arriva la macchina. L'osservazione da cui si traggono tracce fotografiche contiene quindi ben quattro direzioni analitiche differenti. Oltre alle due precedenti, si aggiungono quelle automatiche messe in atto dal dispositivo: dalla fotocamera verso il soggetto e dalla fotocamera verso se stessa.

Ecco quindi che in una fotografia, molto diversamente da una immagine manuale, esistono dinamiche analitiche che se non comprese correttamente conducono a banalizzazioni e fraintendimenti come quello che essa sia, semplicemente, "la registrazione della realtà".


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