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Visualizzazione dei post con l'etichetta Novecento

La voce di Costantini.

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Robert Adams. Longmont, Colorado, 1980. From Summer Nights, Walking . Questo è un blog, un diario pubblico in pratica. Formula ambigua che coniuga quanto c'è di più privato, come un diario personale, con l'esibizione a chiunque di ciò che esso contiene. Trovo questa formula ancora molto contemporanea, ma intravedo il suo tramonto sotto la pressione di una sempre maggiore necessità di scambiare rapidamente contenuti e minore spazio, soprattutto mentale, per il loro approfondimento. Già chi è arrivato a leggere fin qui è un vecchio . Nel senso buono del termine, cioè una persona che qualche radice nel Novecento la conserva ancora. Il secolo breve , così dice il luogo comune, ma forse anche l'unico secolo nel quale il pensiero critico abbia potuto diventare protagonista come mai prima e, mi pare purtroppo, pure dopo. Dal Novecento appunto, mi giunge la voce di Paolo Costantini (1959 - 1997 . Non penso se lo ricordino in molti e sono per questo davvero onorato di potern...

Fotografia plurale.

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Mai come oggi le pratiche e le teorie del fotografico vivono una diffusione planetaria. Certamente Internet sta cambiando anche questo insieme alle mille altre cose dell'umanità su cui esercita un'influsso determinante. Gli storici del futuro, se avremo un futuro, potrebbero anche dividere i loro racconti, pardon storytelling come si usa dire oggi, in epoche prima e dopo l'avvento della rete. In questo senso, continuare a pensare ed agire in funzione di ipotetiche culture "nazionali", sta perdendo sempre più di significato. Oggi i riferimenti di chi svolga una qualsiasi attività autoriale sono facilmente altrove rispetto a dove nasce o vive. Per questo motivo, le iniziative di retroguardia, di sapore vagamente agroalimentare, per le cosiddette "fotografia italiana" o "fotografia europea", mi appaiono inutilmente fuori tempo massimo. Dopo il Novecento si chiude il periodo delle identità nazionali o continentali e si apre quello dell'iden...

Ai sassi, ai biscotti e alle nuvole.

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©2014 Fulvio Bortolozzo. Non funziona così, o almeno non dovrebbe. Una fotografia non è un sasso che può assumere ogni sembianza proiettatagli sopra a capriccio di chi lo tiene in mano. Non è un biscotto, il cui profumo o sapore riporta ai tempi "che furono" di chi lo sta mordicchiando. Non è una nuvola che per pochi istanti assume le forme del desiderio di chi la trattiene negli occhi. No, non è questo. O meglio, può esserlo perché non c'è modo di impedire a nessuno di fare e capire ciò che vuole di qualsiasi cosa, ma certo è un pessimo modo, autoreferenziale fino alla più estrema vanità, di costruire una relazione con una fotografia. Sì, siamo animali "psicologici", i più complessi mai apparsi sul pianeta. Tutto soggiace ai nostri flussi psichici, ogni istante del nostro esistere ne è permeato completamente. Il successo di questa nostra specie sociale mortifera e implacabimente distruttrice di risorse è proprio lì. Però c'è un limite a tutto questo. ...

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