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Visualizzazione dei post con l'etichetta Italia

Gli italiani e l'italiano.

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L'italiano è stato nei secoli la lingua franca che consentiva ai nativi della nostra "espressione geografica" di parlarsi e scriversi, almeno coloro che potevano alfabetizzarsi abbastanza per farlo. Provo un'affezione profonda per l'italiano, che anch'io come tanti ho incontrato sui banchi di scuola, nel mio caso torinesi, avendo come lingua materna il veneto parlato nelle campagne tra Vicenza e Padova che i miei genitori, emigrati a Torino in cerca di un futuro per loro stessi e i loro figli, continuarono a parlare in famiglia per tutta la vita. Penso tuttavia che la funzione fondamentale dell'italiano come lingua di comunicazione tra italiani di origini diverse stia gradualmente morendo, sostituito sempre più dalla conoscenza dell'inglese, per via della sua diffusione globale attraverso Internet. Penso al contrario che le lingue materne degli italiani avranno un futuro. Rimarranno come legame diretto tra parlanti dello stesso luogo, magari imbastardi...

Le domeniche sono finite.

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Certo, non può essere sempre domenica, ma nemmeno sempre lunedì. Quest'estate torrida e violenta sembra spazzare via ciò che restava di un modello sociale che dal Secondo Dopoguerra, nel bene e nel male, aveva consentito a milioni di italiani e alle loro famiglie di condurre delle vite dignitose con i frutti del proprio lavoro. L'idea di fondo fu quella di dare un posticino al sole a tutti o quasi. Questo non per qualche ideale filantropico, ma proprio per il calcolo politico che vedeva in una società dove ciascuno potesse campare con un minimo di benessere il modello fondamentale per una democrazia compiuta, anche in contrapposizione al modello comunista, allora incombente. Poi il diluvio. Il comunismo si arrende senza combattere. Il capitalismo non fa prigionieri, prende tutto e rilancia. Dall'economia basata sul lavoro e sulla produzione dei beni di consumo di massa si passa alla pura e semplice speculazione finanziaria. Sempre più complessa, globale. L'individuo, ...

Art Déco al Forte di Bard.

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Fino al 10 aprile prossimo è aperta al Forte di Bard una mostra di grande seduzione. Il titolo è Il Déco in Italia, l’eleganza della modernità . Duecentotrenta opere tra pittura, scultura, decorazioni murali, arti applicate, manifesti e illustrazioni. A rubare la scena è prevalentemente la scultura ed in particolare le ceramiche. Il curatore Francesco Parisi ha saputo esaltare lo splendore di un periodo dell'arte italiana in cui fiorivano opere decorative create da artisti eccellenti, eredi della grande tradizione dei secoli precedenti e allo stesso tempo innovatori visionari. Sono anni turbolenti in Italia, quelli in buona parte attraversati dal totalitarismo fascista, che per fortuna, anche della vita artistica del Dopoguerra, non impedì alle individualità più talentuose di crescere e fiorire. In gran parte le stesse a cui si dovrà anche la grande stagione degli anni Cinquanta e Sessanta. Il patto tacito, e diabolico, fu quello di non occuparsi direttamente di politica, senza che...

L'opera da tre soldi, anzi di più.

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La situazione è grave, ma non è seria. Ci sono in ballo tanti miliardi da gestire (leggi intascare) e per farlo serve, come al solito "una manciata di morti", stavolta da mettere sul tavolo dell'abbuffata. A fine mese l'amo sarà lanciato a Bruxelles e grazie all'esca Draghi i soldi arriveranno senza problemi. Si dovrà solo capire quanto grandi riusciranno ad essere le tasche e chi se le riempirà di più. Per distrarre dal furto con destrezza la strategia migliore è di garantire un po' di bottino a quanti più complici possibile. Chiudere un occhio, o meglio tutti e due, e il gioco sarà fatto. Allora a ciascuno la sua fetta, nel suo piccolo, e tutti insieme a brindare alla fine. Chi ci rimette in fondo? Quelli che non ce la faranno nemmeno a raccogliere le briciole cadute dal tavolo durante la ressa bulimica. Sono tanti sì, ma contano meno di niente. E i morti? In prevalenza vecchi con poca vita davanti comunque. Siamo forse il Paese con più longevi, ma anche con...

La furbizia italica.

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Un deficit culturale, forse persino genetico, affligge le italiche genti e ne spiega i comportamenti paradossali. L'appellativo di "furbo" viene dato da noi a chi di fronte alle situazioni che lo coinvolgono escogita una soluzione ottima per i suoi interessi, non importa se a danno di altri. Il furbo suscita ammirazione, o almeno condiscendenza, perché si ritiene che in fondo abbia una mente brillante. Invece proprio la furbizia è l'indizio più evidente della sua insufficienza intellettuale. Vedere e risolvere è alla portata di chi abbia una discreta capacità di far funzionare la materia grigia che si suppone occupi lo spazio intracranico. L'evidenza dei fatti già contiene gli elementi per la soluzione. È sufficiente identificarli e metterli insieme nel modo voluto. Questo spiega una caratteristica ritenuta positiva dell'atteggiamento italiano di fronte alle emergenze. La vera sfida intellettuale però non è vedere e risolvere, ma quella di riuscire a prevedere...

Il potere d'interdizione.

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Tra le molte forme del potere ce n'è una che ha grande tradizione in Italia: il potere d'interdizione. Così grande che si potrebbe pure considerarla la forma fondamentale da cui discendono tutte le altre. Nella sua essenza consiste nella conquista di una posizione dalla quale gli altri debbano passare o in qualche misura dipendere. La parte più difficile è proprio questa perché sono in molti ad ambire alla stessa posizione. Le vie per il successo sono le più varie, con la gettonatissima via familistica in prima posizione. Essere parente biologico o acquisito, cioè amico così ossequiente e fedele da poter essere considerato "della famiglia", certamente aiuta e in troppi casi prevale su qualsiasi altra caratteristica. Superata la fase più critica, cioè la conquista della posizione, tutto il resto viene di conseguenza. Basterà impedire il passaggio o permetterlo a seconda dei propri vantaggi personali. Lo schema è quello feudale classico, ampiamente collaudato ed insu...

Una collezione da Fico.

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Rimane tempo solo fino al prossimo 29 gennaio per poter vedere la mostra Realismo, Neorealismo e realtà. Italia 1932-1968 allestita splendidamente al MEF (Museo Ettore Fico) di Torino. Si tratta di 261 stampe fotografiche vintage di una sessantina di autori, tra i quali molti nomi notissimi e altri molto meno. Una ristretta selezione dalle oltre 1.500 della collezione di Guido Bertero . Le stampe perfettamente incorniciate e ben illuminate sono anche accompagnate da teche con autentiche "perle" editoriali dell'epoca, come la mitica prima edizione di Un paese , con fotografie di Paul Strand e testi di Cesare Zavattini. L'esposizione è suddivisa in otto sezioni tematiche che evidenziano i legami con la cultura e il cinema dell'epoca. Una scelta del curatore Andrea Busto che porta l'attenzione in modo trasversale sulle motivazioni ideologiche di fondo che sorreggevano, anche inconsapevolmente, le scelte iconografiche dei singoli autori. Il catalogo che acco...

Un qualunque Midwest planetario.

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A fronte della scomparsa di centinaia di persone nel sisma di Amatrice e dintorni, e superata l'emergenza dolorosa di questi tragici giorni, si porrà il problema di come e cosa fare per l'area quasi del tutto rasa al suolo o comunque resa inagibile. A questo proposito, mi si affacciano alla mente alcune considerazioni storiche. La prima è che la Amatrice oggi devastata era quella che venne ricostruita dopo il sisma dell'ottobre del 1639. Quindi furono le energie artistiche del secolo barocco a presentare di nuovo al mondo un paese che viveva ancora oggi soprattutto del turismo fondato sul suo fascino paesaggistico e urbanistico. Non ci fu mera ricostruzione di abitazioni, ma si riuscì a ricostruire della bellezza in grado di suscitare interesse anche nei secoli successivi. L'altro esempio, che ho potuto vedere di recente è Noto, nel siracusano. Lì, ciò che il sisma aveva cancellato fu l'origine di una potente sfida artistica al destino mortifero. Oggi Noto rap...

Fotografia plurale.

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Mai come oggi le pratiche e le teorie del fotografico vivono una diffusione planetaria. Certamente Internet sta cambiando anche questo insieme alle mille altre cose dell'umanità su cui esercita un'influsso determinante. Gli storici del futuro, se avremo un futuro, potrebbero anche dividere i loro racconti, pardon storytelling come si usa dire oggi, in epoche prima e dopo l'avvento della rete. In questo senso, continuare a pensare ed agire in funzione di ipotetiche culture "nazionali", sta perdendo sempre più di significato. Oggi i riferimenti di chi svolga una qualsiasi attività autoriale sono facilmente altrove rispetto a dove nasce o vive. Per questo motivo, le iniziative di retroguardia, di sapore vagamente agroalimentare, per le cosiddette "fotografia italiana" o "fotografia europea", mi appaiono inutilmente fuori tempo massimo. Dopo il Novecento si chiude il periodo delle identità nazionali o continentali e si apre quello dell'iden...

Fino alla prossima fotografia.

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©2014 Fulvio Bortolozzo. La questione fondamentale, quella dalla quale tutto deriva è quella del tempo. Al di là di funzioni e finalità. Oltre ogni aspetto professionale o d'amore, perché nel fotografico si lavora e si ama, così almeno si usa pensare. Superando tutte le parole che si affacciano alla mente, per quanto acuminate o confuse, resta una questione di tempo. Quale tempo? Il mio. Un tempo dato, forse persino predeterminato. Il mio perché riguarda me, ma è anche il tuo, che stai ora impiegando per leggermi. Se questa misura del tempo umano è finita, com'è nei fatti biologici per quanto le religioni si sforzino da sempre di inventare prolungamenti di varia natura, allora ecco che diventa uno dei temi di riflessione più interessanti. L'approccio fotografico alla questione del tempo è terribilmente semplice: lo sposta. Nel prendere una fotografia si spende del tempo esistenziale finito, il proprio. Anche solo per una frazione di secondo, che poi è sempre molto...

Vado Ligure, 2013.

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©2013 Fulvio Bortolozzo - dalla serie Note a perdere .

Camisano Vicentino, 2013.

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©2013 Fulvio Bortolozzo - dalla serie Note a perdere .

Camisano Vicentino, 2013.

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©2013 Fulvio Bortolozzo - dalla serie Note a perdere .

Parco pubblico.

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©2013 Fulvio Bortolozzo - dalla serie Note a perdere . Verso il tardo pomeriggio. Nei dintorni dei luoghi d'infanzia. Alcune cose le inseguo da decenni. Altre, come questo angolo di parco pubblico, mi appaiono per la prima volta. Vedo un chiosco sotto gli alberi. "L'oasi, Bar Pizzeria" dice il neon. Vedo gli alberi, gli avventori. Questo rapporto mi trattiene. La fotografia mi libera. Solo in studio, osservando la scena con attenzione vedo un simbolo padano. Questo amo del fotografare. Scopro ogni volta qualcosa di diverso da ciò che pensavo di vedere. E imparo. .

E lo conteneva

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©2011 Fulvio Bortolozzo - dalla serie Appunti per gli occhi . Se si risale un qualunque momento di commozione estatica davanti a qualcosa del mondo, si trova che ci commoviamo perché ci siamo già commossi; e ci siamo già commossi perché un giorno qualcosa ci apparve trasfigurato, staccato dal resto, per una parola, una favola, una fantasia che vi si riferiva e lo conteneva. Cesare Pavese, Feria d'agosto. .

11.07.09

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©2011 Fulvio Bortolozzo - dalla serie Appunti per gli occhi . .

11.07.31

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©2011 Fulvio Bortolozzo - dalla serie Appunti per gli occhi . .

11.07.07

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©2011 Fulvio Bortolozzo - dalla serie Appunti per gli occhi .

Il confine del tempo

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©2011 Fulvio Bortolozzo. Nell'arte della fotografia, come nella meditazione, la forma è il limite con cui viene percepito l' illimitato . Per dirla ancora con Florenskij , "dove non c'è una composizione non ci può essere neanche comprensione, ma la composizione comporta il limite". E aggiunge: " Che cos'è la cosa più importante in un'opera d'arte? La cornice, la ribalta, il confine del tempo, l'inizio e la fine. Se non ci sono limiti, non è possibile neanche la serenità. La capacità di limitare se stessi è il pegno della maestria". Diego Mormòrio, Meditazione e fotografia. .

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