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Visualizzazione dei post da giugno, 2014

Da Ghirri ai ghirrini.

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©2014 Fulvio Bortolozzo, dalla serie "Appunti per gli occhi". Da qualche giorno tra i blog di fotografia che seguo più assiduamente mi è apparsa una specie di ola , di quelle che si vedono sugli spalti alle partite dei Mondiali di calcio. La vedo iniziare da Michele Smargiassi il 18 giugno scorso con un post intitolato " Considerazioni di un idiota sulla foto d'arte " , prosegue il 21 giugno con " L'equivoco ghirriano " di Efrem Raimondi e la vedo arrivare dalle mie parti oggi con il post " La soglia " di Enrico Prada. Non resisto quindi all'idea di alzarmi anch'io in piedi per consentirle di andare oltre, se qualcun altro vorrà raccogliere questa espressione spontaneista di festosa partecipazione. Conosco l'opera di Ghirri fin quasi dal suo inizio. Nel senso che, inconsapevole giovincello pastrocchiante con le fotocamere per tirarne fuori qualcosa di "mio", mi imbattei nell'edizione fresca di stampa di &qu

Un senso predeterminato.

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©2000 Fulvio Bortolozzo, dalla serie "Alphaville". Prendere fotografie è un atto semplice oggi. Lo sarà ancora di più nel futuro. Chissà che non mi tocchi di vedere il primo umano dotato di camera innestata fisicamente nel cranio e connessa ai centri cerebrali deputati alla visione. Basterà allora attivare la scintilla dell'intenzione per ricavarne l'immagine fotografica ed estrarla da fessure che chiunque può fantasticare quali e come saranno. Forse però immagino solo carrozze con motori a scoppio al posto dei cavalli. Nel futuro la stessa intenzione cerebrale sarà magari trasmissibile come flusso elettromagnetico tra un umano e l'altro o molti. La macchina fotografica, oggetto da museo, scomparirà del tutto sostituita da connessioni neuronali intra ed extraindividuali. L'inconscio quindi sarà finalmente libero dalla tecnologia e si esprimerà direttamente? Temo proprio di no, anzi. L'umanità bionica che abbiamo di fronte sarà sempre più parte dell

Osservare, semplice a dirsi.

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©2014 Fulvio Bortolozzo. L'osservazione è una pratica di conoscenza, o almeno a questa è idealmente rivolta. Difatti sta alla base del metodo scientifico. La consapevolezza che non sia un atto neutrale ne complica però lo statuto. L'osservazione finisce quindi per avere sempre una doppia direzione analitica: quella che conduce dall'osservatore verso il soggetto, ma anche dall'osservatore verso se stesso. Ogni risultato di un'osservazione contiene quindi elementi analitici ambivalenti e nell'identificarli correttamente risiede il successo dell'operazione. A complicare ulteriormente le cose nel fotografico arriva la macchina. L'osservazione da cui si traggono tracce fotografiche contiene quindi ben quattro direzioni analitiche differenti. Oltre alle due precedenti, si aggiungono quelle automatiche messe in atto dal dispositivo: dalla fotocamera verso il soggetto e dalla fotocamera verso se stessa. Ecco quindi che in una fotografia, molto diversam

Come fossero ecografie.

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Facciamo un piccolo spostamento tra immagini automatiche. Passiamo da quella basata sulla luce a quella che nasce dagli ultrasuoni. Forse così si può meglio mettere in evidenza la messe di parole a vuoto che vengono consumate sul fotografico, in specie quando lo si relaziona alla pittura o alla narrativa letteraria. Spero che nessuno tra i miei lettori, che non sia stato preparato professionalmente a farlo, pensi di poter guardare il visivo ecografico sostenendo di poterne trarre indicazioni diagnostiche pertinenti. Difatti alla voce "Ecografia" si legge su Wikipedia: " L'ecografia è, in ogni caso, una procedura operatore-dipendente, poiché vengono richieste particolari doti di manualità e spirito di osservazione, oltre a cultura dell'immagine ed esperienza clinica ". Non cambia nulla per il fotografico. La falsa credenza che una fotografia riproduca ciò che sta davanti alla  fotocamera come potrebbe farlo il sistema umano occhio/cervello è all'ori

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