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Visualizzazione dei post da 2011

Il mondo di Rosanna

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Sto iniziando a mettere on line sul mio sito anche lavori di anni passati. Tra questi, in occasione del Natale, vorrei segnalare un piccolo progetto: Il mondo di Rosanna . Per vederlo, cliccare QUI . Ancora auguri a tutti, a cominciare da Rosanna.

Buone Feste

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Buone Feste a tutti gli amici e ai lettori di questo blog, con il ringraziamento più caloroso per la vostra attenzione che spero di poter continuare a meritare anche il prossimo anno. Fulvio .

Morgante abita qui

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Un lavoro delicato e coinvolgente si trova ora sulle pareti di Phos , il centro polifunzionale diretto da Enzo Obiso nel centro storico di Chieri. Si tratta di una serie fotografica intitolata Morgante e realizzata da Nicola Lo Calzo (Torino, 1979) nell'Africa Centrale francofona. Sono ritratti di persone affette da nanismo ambientati nei loro luoghi di vita e lavoro. L'insufficiente crescita fisica attrae da sempre l'attenzione morbosa dei "normali", provocando troppo spesso emarginazione e disagio psichico. Così pare che in alcune zone dell'Africa, essere nani sia una colpa "mostruosa" tutta da scontare in vita. Lo Calzo interviene su questo difficile tema adottando procedure fotografiche che spostano l'attenzione verso l'umanità dei suoi soggetti. L'immobilità della posa, la prevalente centralità delle inquadrature e la concentrazione degli sguardi, sono evidenti debiti verso il grande August Sander , ma con una inversione di

Autoritratti con miracoli

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Gerardo Di Fonzo (Gerry per gli amici e i clienti affezionati) ha fatto un piccolo miracolo, anzi più d'uno. Tanto per cominciare ha saputo interpretare il suo mestiere di stampatore come un'opportunità culturale e non solo come il modo per procacciarsi un reddito, cosa peraltro civile e nobilissima alla quale tutti ci dedichiamo. Trasformare una parte del suo laboratorio nella più incredibile gallery che Torino abbia mai avuto è proprio questo: una rara e piacevole operazione culturale. Il secondo miracolo lo compie chiamando a difesa della sua iniziativa non i soliti sponsor o istituzioni locali, ma niente meno che un vero e proprio Olimpo di divinità fotografiche: nomi che mi fanno uscire "gobbo" se li paragono ai miei stentati vaggiti. Un bagno d'umiltà insomma. Lassù, sul soffitto, qualcuno ci guarda e forse ci giudica, speriamo benevolmente. Alle pareti quasi sessanta artisti del tempo ottico propongono un'immagine riflessa di se stessi. Impensab

Opere al nero

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Nello spazio torinese di Franz Paludetto quattro artisti romani propongono la loro relazione con quel colore che non ne contiene nessuno ovvero tutti: il nero. Per contrapposizione, il bianco tradizionale della galleria d'arte, e della luce fredda che ne illumina le pareti, offrono l'indispensabile complemento. Il nero senza luce, bianca massimamente, non esiste quindi. In questo senso, lavorare sul nero significa lavorare sulla materia nel momento in cui viene attraversata e modellata dall'intero spettro cromatico della luce visibile. Ben lo sanno i fotografi bianconeristi che da questa dialettica degli opposti ricavano da sempre le loro opere. Anche per questo motivo, pur essendo pittorici, ho trovato assai stimolanti i lavori in mostra. Di seguito, qualche mio appunto visivo. SU NERO NERO Opere di Elvio Chiricozzi, Felice Levini, Roberto Pietrosanti, Giuseppe Salvatori. Dal 3 dicembre 2011 al 17 dicembre 2011 Sede: Franz Paludetto, via Stampatori 9 (piazzett

SelfPortrait

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Autoritratti fotografici di: Benedetta Antonelli d'Oulx, Maura Banfo, Per Barclay, Alice Belcredi, Alessandro Bulgini, Fulvio Bortolozzo , Giulia Caira, Laura Cantarella, Gabriella Castello, Marco Corongi, Sergio Corsaro, Fabrizio Dellavalle, Roberta Di Chiara, Claudio Cravero, Daniele D'Antonio, Marco Donatiello, Mauro Eandi, Gloria Fava, Andrea Ferrari, Dorella Gigliotti, Paolo Grinza, Mauro Guglielminotti, Enzo Isaia, Claudio Isgrò, Ilario Isola, Marco Albino La Gattuta, Dario Lanzardo, Nanni Lolli, Jacopo Maino, Giorgia Mannavola, Massimo Masone, Miguel Mitlag, Patrizia Mussa, Lidia Montenero, Riccarda Montenero, Matteo Norzi, Paolo Pellion di Persano, Brunella Pernigotti, Matteo e Luciano Petri Paisielli, Simone Perolari, Giuseppe Piredda, Luca Prestia, Marco Post Morello, Giada Pucci, Mauro Raffini, Paolo Ranzani, Alberto Raviglione, Silvia Reichenbach, Hermann Reiter, Pietro Reviglio, Sylvie Romieu, Luca Saini, Marco Saroldi, Emanuele Selva, Max Tomasinelli, Barbara U

Con le dita nell'inchiostro

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A Torino da domani è visitabile una piccola, ma rara mostra fotografica dedicata all'opera di quel monumento della fotografia d'autore che risponde al nome di Robert Doisneau e resa possibile dalla nipote del fotografo, la giornalista Clémentine Deroudille . Tutte le stampe fotografiche esposte presentano la sua inimitabile visione del mondo infantile, in prevalenza ripreso durante le difficili ore della scuola e le spensierate avventure nel paesaggio in trasformazione di una banlieu parigina ancora regolata da tempi e comportamenti d'antan . L'unicità di Doisneau risiede nel suo gioco da grande equilibrista tra emozione e messa in scena, sempre sull'orlo di un pittoresco piccolo borghese e melenso, ma senza mai davvero cadervi. Questo forse spiega perché nonostante gli anni siano sempre più lontani, molte immagini sono della metà degli anni '50, non si possa non rimanere ancora stupiti dalla felicità del suo agire. Una Rolleiflex, tanta sensibilità e tutta la

Il progetto è un fatto personale

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Sul sito del Festival della fotografia etica è appena stata pubblicata una video-intervista ad Eugene Richards , realizzata in occasione della sua mostra a Lodi intitolata "War is personal". Nelle sue parole emerge l'approccio esistenziale alla progettualità fotografica. Al di là del tema drammatico di questo progetto, gli effetti sconvolgenti sulle famiglie e sui soldati coinvolti nelle recenti guerre americane , Richards propone l'azione del fotografare come una necessità prima di tutto interiore. Un modo per portare fuori quello che ci agita la mente e renderlo finalmente oggettuale, esterno, concretamente visibile. Proprio in questo atteggiamento, risiede a mio parere la migliore tradizione della fotografia. Non la volontà razionale di comunicare a qualcuno ciò che si sente, ma invece quella di dare un corpo, una traccia fisica al turbinare della mente. Corpo e traccia che potranno poi essere percepiti da noi in primis , ma anche da altri e quindi, per il princip

This Must Be the Place, maybe...

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L'ultima fatica di Paolo Sorrentino non mi ha convinto del tutto, anche se sono contento di averla vista. Considerando che non è davvero facile per un regista italiano scrivere e girare un film internazionale senza cadere nel nostro provincialismo, mi pare che il risultato possa essere considerato accettabile, nonostante le note negative siano diverse. A cominciare da alcuni richiami troppo telefonati all'Antonioni anglofilo di Blow Up e in qualche spleen di troppo dal Paris Texas di Wim Wenders (piacevole però il cameo di Harry Dean Stanton ). Tra momenti ironici e pericolosi avvitamenti storici nella Shoah, il film scorre comunque senza perdere il filo, con diversi momenti di buon cinema (il concerto di David Byrne per esempio), anche se con alcune dannose ripetizioni emotive. Il finale abbassa di parecchio la qualità e la tensione narrativa che il film aveva saputo creare, specialmente in tutta la prima parte inglese. L'America di Sorrentino poi, in specie il West,

Artissima 18

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L'ho visitata e mi è piaciuta. Molto. Spazio, luce, tranquillità ottenuti anche grazie alla ariosa struttura dell' Oval . Poi, fatto essenziale, un filo conduttore sottile, ma ben evidente: il ritorno dell' Arte Concettuale , con tutta l'importanza che questa scelta può avere per il fotografico. Non solo come recupero storico, ma anche come proposta contemporanea in questi tempi così difficili da decifrare. Artissima merita quindi oggi più che mai il nome superlativo, con il suo collocarsi in equilibrio dinamico tra mercato e linea curatoriale. Una fiera che non vuole essere solo una fiera. Davvero un buon modo di mettere d'accordo il lato commerciale con quello culturale. Un convinto applauso il mio, che va di pari passo con gli appunti visivi, in questo caso davvero colti come fior da fiore, in un così stimolante giardino. Eccoli QUI . Per chi poi desiderasse fare paragoni: gli appunti delle edizioni 16 , 15 e 14 . .

The Others 2011

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Ci sono stato stasera a The Others , nonostante il diluvio che incombe su Torino. Con me, molte altre persone si aggiravano tra una cella e l'altra delle ex Carceri Le Nuove. Devo dire che l'effetto claustrofobico dell'insieme non favorisce certo la "fruizione delle opere". I pezzi di valore sono a mio parere sommersi dall'eccesso di roba accatastata (dai lavandini agli imballi, alle opere buttate per terra...). Lo stesso sciamare del pubblico mi pareva più un rito mondano (ma come? Non sei andato alle Nuove?) che una reale attenzione all'arte contemporanea. Sarà la pioggia, sarà l'umore, ma auspico fortemente un ritorno al classico: spazi neutri e pensati per ospitare opere davvero selezionate e che consentano di poterle avvicinare senza fretta e disturbi vari. Detto tutto questo, per tre euro è proprio impossibile trovare di meglio per passare una serata "colta".

Istantanee da un disallestimento

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Quando a smontare una sezione della Biennale di Alessandria (" Passages " a cura di Fabrizio Boggiano) si ritrova un gruppo di persone che stanno bene insieme, e sono dotate di tanta autoironia, allora anche le cose più noiose e faticose, come caricare gli imballi, diventano l'occasione per passare bei momenti in allegria. Grazie amici e alla prossima! .

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