Il progetto è un fatto personale
Sul sito del Festival della fotografia etica è appena stata pubblicata una video-intervista ad Eugene Richards, realizzata in occasione della sua mostra a Lodi intitolata "War is personal". Nelle sue parole emerge l'approccio esistenziale alla progettualità fotografica. Al di là del tema drammatico di questo progetto, gli effetti sconvolgenti sulle famiglie e sui soldati coinvolti nelle recenti guerre americane, Richards propone l'azione del fotografare come una necessità prima di tutto interiore. Un modo per portare fuori quello che ci agita la mente e renderlo finalmente oggettuale, esterno, concretamente visibile. Proprio in questo atteggiamento, risiede a mio parere la migliore tradizione della fotografia. Non la volontà razionale di comunicare a qualcuno ciò che si sente, ma invece quella di dare un corpo, una traccia fisica al turbinare della mente. Corpo e traccia che potranno poi essere percepiti da noi in primis, ma anche da altri e quindi, per il principio fondamentale che "non si può non comunicare", divenire occasione d'incontro per altri umani e per le loro percezioni.
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