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Visualizzazione dei post da dicembre, 2016

Buon Anno e grazie.

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Vorrei ringraziare di cuore tutti coloro che mi stanno seguendo su questo blog. L'anno che sta per finire mi ha dato risultati davvero inaspettati. Ho visto aumentare in modo esponenziale le persone che hanno avuto piacere e tempo di leggere ciò che scrivo. Questo mi conforta e mi spinge a proseguire anche per l'anno a venire perché, come in tutto ciò che faccio, cerco di rendermi utile in qualche modo al prossimo. Mica per altro, solo perché il prossimo sono sempre io, siamo tutti il prossimo di qualcuno. Buon anno e grazie ancora. P.S.- Non condivido questo post sui social, rimane qui solo per voi.

Scambiare cigni per anatre.

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Si fanno bei discorsi sull'immagine fotografica che sarebbe "solo" denotativa e non connotativa. Per quelli che non hanno fatto le scuole alte, significa che ci si vedono delle figure, ma non si riesce a sapere altro: nome della località, evento o situazione, fatti vari inerenti ciò che si vede. ecc. ecc. Insomma senza il soccorso delle parole l'immagine è un linguaggio monco, una sorta di figlio di un dio minore (difatti in origine era il Verbo, mica le figurine) che senza l'assistenza verbale serve a troppo poco. Questo però non accade per delle insufficienze iconiche, ma per dei marchiani errori di logica. Si scambia il cigno per un'anatra, si deride l'albatro che non riesce ad alzarsi in volo dal ponte della nave, si chiede insomma di assomigliare a qualcosa che non è nella natura delle immagini. Se si chiede ad un'immagine, non importa se fatta a mano o a macchina, di contenere ciò che non è le dato di contenere ecco che la frittata è fatta.

Sotto il vestito meno di niente.

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L'altro ieri sulla pagina Facebook di Vanity Fair Italia ( periodico di costume, cultura, moda e politica; fonte Wikipedia ) è apparso un post che ha sollevato uno tsunami di indignazione social. Nel probabile tentativo di guadagnarsi simpatie umanitarie tra i frequentatori della pagina, espresse a colpi dei tanto agognati "like", hanno messo in competizione due immagini per l'intestazione natalizia: una fotografia davvero parecchio postprodotta del Monte Cervino innevato (visto dalla parte Svizzera, quindi chiamiamolo pure Mattehorn )  e un'altra invece decisamente fotorealistica di una scena di strada devastata da combattimenti, che nel post è scritto essere Aleppo, dove si vedono due giovani uomini che corrono nella direzione del fotografo con in braccio dei neonati stretti al petto. Sulla strada vi sono diverse altre persone in ombra sullo sfondo che non sono particolarmente agitate è c'è pure un bambino più grande, fermo, e apparentemente non inquieto,

C'è Italy e Italy.

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Ricevo un comunicato stampa da Cesura Publish sulla recente uscita del libro fotografico Italy&Italy . Si tratta di un volume di ben 730 pagine (sul sito di Cesura risultano invece essere 632) contenente 336 fotografie, in prevalenza in bianco e nero, selezionate da Luca Santese (1985) tra le oltre 200.000 (sul sito c'è scritto 250.000) conservate nell'archivio del fotografo d'attualità Pasquale Bove (1958), foggiano di nascita e romagnolo d'azione. L'arco temporale della selezione di Santese copre gli anni anni Novanta o poco più. L'intento dichiarato del progetto editoriale, che è anche una mostra, risulta il seguente: " Il cardine concettuale dell’opera di editing è la volontà di creare, a partire dalla sconfinata e magmatica raccolta di documenti prodotti da Bove, una nitida e definita iconografia degli anni Novanta italiani a partire da una privilegiata prospettiva: la Rimini del periodo che va dalla fine degli anni Ottanta alla soglia de

Nel silenzio dell'indicibile.

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Proprio nel seminario dedicato a Walker Evans è emerso con chiarezza tra gli studenti il valore dell'allontanamento di ogni parola dall'immagine, in specifico fotografica. Un libro all'epoca rivoluzionario, e ancora oggi capace di sorprendere, come American Photographs può davvero essere considerato uno spartiacque fondamentale nella "lotta di liberazione" visiva dal linguaggio scritto-verbale. Il silenzio che Evans riesce a creare attorno alle sue fotografie è l'innesco indispensabile per poterle davvero guardare e quindi esperire, conoscere, liberamente. Libera-mente , cioè con la mente libera da binari, steccati, paraocchi, corridoi di senso precotti, preparati perché le domande trovino risposta prima ancora di essere formulate. Le immagini, e più di tutte quelle contingenti cioè fotografiche, sono universi, ma non universali. Sono mondi senza confini nei quali chiunque può cercare il posto più abitabile. Sovente questo cambia nel tempo e per questo

Tutto molto interessante.

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Nel fluire contemporaneo delle immagini, i riferimenti trasversali annullano le gerarchie, i generi e le suddivisioni tradizionali. La rivoluzione "iconocratica", che inizia nel 1839 con l'invenzione della fotografia, prende il sopravvento con l'espandersi dei mezzi di comunicazione a base visiva i quali si alimentano sempre più di icone fatte a macchina ottica. Dalle fotografie su carta, alle riviste illustrate, ai fotolibri, in un crescendo che con l'avvento del cinema sonoro (1927) aprirà le porte alla comunicazione audiovisiva di massa, divenuta poi televisiva ed oggi sempre più diffusa grazie a Internet. L'ultima barriera, quella tra produzione e diffusione si abbatte proprio sulla rete. Si spiegano anche così fenomeni come quello di Fabio Rovazzi , classe 1994, milanese che raggiunge milioni di contatti con i suoi video musicali pur dichiarando di non essere un cantante, ma solo un giovane che ama divertirsi e far divertire con i video. Tutto mol

REST 21/12/2016

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REST è una rivista stampata su carta di fotografie senza parole . I fotografi selezionati per REST realizzano serialità con immagini interessanti. REST cambia la priorità. La percezione visiva è la prima forma di conoscenza: istintiva, pre-verbale. Se avete bisogno delle parole chiedete direttamente ai fotografi. REST pensa: se un'immagine non funziona, centinaia, migliaia o milioni di parole non potranno salvarla. REST contains photographs without words .  The photographers selected for  REST carry out good projects with interesting pictures. REST wants to change the priority. The visual perception is the first form of knowledge: instinctive, pre-verbal. If you need words, ask the photographers directly. REST thinks: if an image doesn't work, a hundred, a thousand, or a million words won't be enough to save it. Guarda un'anteprima e acquista. Preview and buy . REST 21/12/2016 CASETTA CORRADI GRASSO PARAGGIO ROMUSSI TILIO F

La sostanza di ciò che si vede.

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Di recente sono finalmente riuscito ad andare a vedere la mostra personale di Armin Linke al PAC di Milano . Le mie aspettative erano guidate da una scarsissima conoscenza dell'autore, del quale trattenevo nella mente ben poche cose: mi aveva colpito, un decennio fa, la freschezza del suo lavoro all'interno della collettiva 6 x Torino ; avevo navigato una volta il suo sito congegnato con un'innovativa formula di massima libertà di selezione e accostamento; ogni tanto incontravo sue fotografie sulla rete e sulle riviste che mi sembravano improntate ad una certa rigorosa qualità internazionale di derivazione teutonica, ma non troppo, e in ogni caso sempre interessanti. Carico, o meglio scarico, del mio povero bagaglio varco la soglia del PAC e mi trovo di fronte ad un apparato di una complessità impressionante. Invece della personale di un fotografo, mi trovo proiettato in un'installazione site specific che vede coinvolti ben due curatori, Ilaria Bonacossa e Philipp

Uscire dalla gabbia.

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Di recente ho avuto modo di incontrare la resistenza di alcuni all'idea di potersi trovare di fronte a delle immagini fotografiche senza alcun supporto da parte delle parole, siano esse dette o scritte. Un vero è proprio horror vacui . L'immagine vissuta come abisso oscuro sul quale affacciarsi sia un pericolo mortale e vada perciò fatto solo con le dovute cautele verbali del caso per non precipitarvi dentro. Il timore parrebbe essere quello di non poter comprendere quello che si vede. Una sfiducia paradossale nella capacità del sistema occhio/cervello di risolvere l'enigma, come fosse tutta una trappola preparata ad arte per impedirlo. Penso purtroppo che le cose non stiano proprio così. Sarebbe in fondo una paura ragionevole perché rivolta alla necessità, tutta umana, di dare un qualche senso alle cose e alle esperienze. Invece leggo nel rifiuto del rapporto diretto con delle immagini senza la cintura di protezione delle parole il bisogno prioritario di conformar

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