Scambiare cigni per anatre.
Si fanno bei discorsi sull'immagine fotografica che sarebbe "solo" denotativa e non connotativa. Per quelli che non hanno fatto le scuole alte, significa che ci si vedono delle figure, ma non si riesce a sapere altro: nome della località, evento o situazione, fatti vari inerenti ciò che si vede. ecc. ecc.
Insomma senza il soccorso delle parole l'immagine è un linguaggio monco, una sorta di figlio di un dio minore (difatti in origine era il Verbo, mica le figurine) che senza l'assistenza verbale serve a troppo poco. Questo però non accade per delle insufficienze iconiche, ma per dei marchiani errori di logica. Si scambia il cigno per un'anatra, si deride l'albatro che non riesce ad alzarsi in volo dal ponte della nave, si chiede insomma di assomigliare a qualcosa che non è nella natura delle immagini.
Se si chiede ad un'immagine, non importa se fatta a mano o a macchina, di contenere ciò che non è le dato di contenere ecco che la frittata è fatta. Le immagini, da sempre, non sono fatte per comunicare secondo i criteri del linguaggio scritto-verbale, non sono la versione per analfabeti di ritorno del leggere e scrivere, non sono l'illustrazione dei concetti. O meglio possono esserlo, come è pur sempre una tigre anche quella esibita al circo o allo zoo.
Le immagini precedono il linguaggio scritto verbale e non sono un linguaggio arcaico, sono proprio un pre-linguaggio. Sono l'addensarsi delle esperienze sensoriali umane in rapporto diretto con le parti più profonde del nostro essere. Le immagini originano con la magia, sono alla base delle prime religioni, fino a che le iconoclaste monoteiste non le hanno negate, salvo solo quella cattolica, proprio solo cattolica, che partendo dalla figura di Gesù, dio fattosi uomo, recupera tutto il pantheon figurativo greco classico e lo riveste a nuovo, per la gioia del nostro Rinascimento.
Le immagini agiscono superando la mediazione della nostra parte razionale e lo fanno nel lungo periodo, nel loro ripetersi. Fenomeni come quello della televisione non sarebbero altrimenti spiegabili nella loro efficacia, ancora oggi dominante in gran parte delle persone ad essa esposte. Le immagini si guardano e riguardano e riguardano ancora. Per leggere invece ci sono le parole: pure troppe.
Insomma senza il soccorso delle parole l'immagine è un linguaggio monco, una sorta di figlio di un dio minore (difatti in origine era il Verbo, mica le figurine) che senza l'assistenza verbale serve a troppo poco. Questo però non accade per delle insufficienze iconiche, ma per dei marchiani errori di logica. Si scambia il cigno per un'anatra, si deride l'albatro che non riesce ad alzarsi in volo dal ponte della nave, si chiede insomma di assomigliare a qualcosa che non è nella natura delle immagini.
Se si chiede ad un'immagine, non importa se fatta a mano o a macchina, di contenere ciò che non è le dato di contenere ecco che la frittata è fatta. Le immagini, da sempre, non sono fatte per comunicare secondo i criteri del linguaggio scritto-verbale, non sono la versione per analfabeti di ritorno del leggere e scrivere, non sono l'illustrazione dei concetti. O meglio possono esserlo, come è pur sempre una tigre anche quella esibita al circo o allo zoo.
Le immagini precedono il linguaggio scritto verbale e non sono un linguaggio arcaico, sono proprio un pre-linguaggio. Sono l'addensarsi delle esperienze sensoriali umane in rapporto diretto con le parti più profonde del nostro essere. Le immagini originano con la magia, sono alla base delle prime religioni, fino a che le iconoclaste monoteiste non le hanno negate, salvo solo quella cattolica, proprio solo cattolica, che partendo dalla figura di Gesù, dio fattosi uomo, recupera tutto il pantheon figurativo greco classico e lo riveste a nuovo, per la gioia del nostro Rinascimento.
Le immagini agiscono superando la mediazione della nostra parte razionale e lo fanno nel lungo periodo, nel loro ripetersi. Fenomeni come quello della televisione non sarebbero altrimenti spiegabili nella loro efficacia, ancora oggi dominante in gran parte delle persone ad essa esposte. Le immagini si guardano e riguardano e riguardano ancora. Per leggere invece ci sono le parole: pure troppe.