Nel silenzio dell'indicibile.
Proprio nel seminario dedicato a Walker Evans è emerso con chiarezza tra gli studenti il valore dell'allontanamento di ogni parola dall'immagine, in specifico fotografica.
Un libro all'epoca rivoluzionario, e ancora oggi capace di sorprendere, come American Photographs può davvero essere considerato uno spartiacque fondamentale nella "lotta di liberazione" visiva dal linguaggio scritto-verbale. Il silenzio che Evans riesce a creare attorno alle sue fotografie è l'innesco indispensabile per poterle davvero guardare e quindi esperire, conoscere, liberamente. Libera-mente, cioè con la mente libera da binari, steccati, paraocchi, corridoi di senso precotti, preparati perché le domande trovino risposta prima ancora di essere formulate.
Le immagini, e più di tutte quelle contingenti cioè fotografiche, sono universi, ma non universali. Sono mondi senza confini nei quali chiunque può cercare il posto più abitabile. Sovente questo cambia nel tempo e per questo l'osservazione non è mai definitiva e supera di gran lunga ogni tentativo di traduzione, trascrizione al di fuori di essa.
Trovo commovente che una persona come Walker Evans, intellettuale a tutto tondo, mancato romanziere flaubertiano in gioventù, ma capace di costruire progetti insieme a scrittori e critici, critico letterario lui stesso, abbia saputo comprendere ed applicare il silenzio attorno alle sue fotografie, aprendole all'indicibile. Difficilissimo trovare riunita in un'unica persona una simile doppia sensibilità e consapevolezza.
Evans non era nemico delle parole, tutt'altro. Le amava a tal punto da riservare loro un ambito esclusivo. Così come amava le immagini e le rispettava. Sapeva bene che le parole possono venire dopo, con calma. Non c'è nessun motivo per rovinarsi l'osservazione di un'immagine riempiendosi la testa di parole. Così come non c'è motivo di impedirsi di ascoltare una musica facendosela spiegare mentre viene eseguita.
Certo, questo significa prendersi dei rischi, mettersi in gioco. "Guardare le figure" senza aiutini scritto-verbali ci costringe a poter non capire nulla, a capire male, a capire ciò che piace a noi e basta o qualsiasi altra libera esperienza a cui sono esposte le teste pensanti in autonomia. Quelle che non temono di non poter sapere prima cosa dovrebbero pensare per riuscire ad essere socialmente accettate e approvate.
Un libro all'epoca rivoluzionario, e ancora oggi capace di sorprendere, come American Photographs può davvero essere considerato uno spartiacque fondamentale nella "lotta di liberazione" visiva dal linguaggio scritto-verbale. Il silenzio che Evans riesce a creare attorno alle sue fotografie è l'innesco indispensabile per poterle davvero guardare e quindi esperire, conoscere, liberamente. Libera-mente, cioè con la mente libera da binari, steccati, paraocchi, corridoi di senso precotti, preparati perché le domande trovino risposta prima ancora di essere formulate.
Le immagini, e più di tutte quelle contingenti cioè fotografiche, sono universi, ma non universali. Sono mondi senza confini nei quali chiunque può cercare il posto più abitabile. Sovente questo cambia nel tempo e per questo l'osservazione non è mai definitiva e supera di gran lunga ogni tentativo di traduzione, trascrizione al di fuori di essa.
Trovo commovente che una persona come Walker Evans, intellettuale a tutto tondo, mancato romanziere flaubertiano in gioventù, ma capace di costruire progetti insieme a scrittori e critici, critico letterario lui stesso, abbia saputo comprendere ed applicare il silenzio attorno alle sue fotografie, aprendole all'indicibile. Difficilissimo trovare riunita in un'unica persona una simile doppia sensibilità e consapevolezza.
Evans non era nemico delle parole, tutt'altro. Le amava a tal punto da riservare loro un ambito esclusivo. Così come amava le immagini e le rispettava. Sapeva bene che le parole possono venire dopo, con calma. Non c'è nessun motivo per rovinarsi l'osservazione di un'immagine riempiendosi la testa di parole. Così come non c'è motivo di impedirsi di ascoltare una musica facendosela spiegare mentre viene eseguita.
Certo, questo significa prendersi dei rischi, mettersi in gioco. "Guardare le figure" senza aiutini scritto-verbali ci costringe a poter non capire nulla, a capire male, a capire ciò che piace a noi e basta o qualsiasi altra libera esperienza a cui sono esposte le teste pensanti in autonomia. Quelle che non temono di non poter sapere prima cosa dovrebbero pensare per riuscire ad essere socialmente accettate e approvate.