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Visualizzazione dei post da ottobre, 2017

REST QUEST: Giovanni Minervini.

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©2015 Giovanni Minervini, dalla serie Un altrove imprevedibile. Come si intitola la serie pubblicata su REST e di quante immagini è composta? La serie di immagini fa parte di un lavoro che si intitola Un altrove imprevedibile . Lavoro che si compone, nella sua interezza, di 46 immagini. Quali intenzioni ti hanno guidato nell'impostazione della serie? L'idea del lavoro nasce dalla lettura del tutto casuale di un articolo de Il Fatto Quotidiano che riportava l’ennesimo episodio di cronaca avvenuto nel Rione Luzzatti , un quartiere di Poggioreale, nella zona orientale di Napoli. "‘Il rione Luzzatti è invalicabile. Le strade sono guardate a vista. Quando c’è un summit oppure lo stoccaggio dei carichi di droga addirittura i killer si appostano sui terrazzi dei palazzi come dei tiratori scelti" . Non mi interessava affatto un lavoro sulle periferie in cerca di un qualche degrado da raccontare. Il rione Luzzatti non è una periferia e il degrado non è immediatamen

Polvere di stelle.

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Succede che Paolo Nespoli , un ingegnere italiano ex incursore del Col Moschin , finisca a fare l'astronauta sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Per quali esperimenti e competenze non lo so. Però so che guarda volentieri la Terra e si diverte a pubblicare su Facebook fotografie di quello che vede, o pensa di vedere. Così il 18 ottobre scorso, ore 14:50 italiane, pubblica questa fotografia qui sotto. Oltre alla fotografia c'è un commento:  "La Pianura Padana qualche ora fa. Nebbia o smog?" . Anche se messa in forma di domanda, quindi dubitativa, l'evocazione dello smog come responsabile del visivo fotografico scatena un certo socialpanico , nel quale pare cadere persino Chiara Appendino , sindaco/a di Torino/a. Oltre a prendere provvedimenti di sua competenza, alcuni persino eccessivi come il chiedere alle/ai torinesi di chiudersi in casa e di non mettersi a correre di qua e di là, si sente in dovere di sostenere le sue iniziative ripubblicando a su

Essenza di umanità.

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Ogni atto umano contiene elementi identificativi della cultura in cui nasce, essendo noi umani una particolare specie di “animali culturali”. Animali cioè nei quali l’ereditarietà genetica rimane aperta alle infinite variazioni indotte dall’esperienza della vita. Il segreto del nostro successo, ma anche purtroppo l’elemento che potrebbe portarci all’estinzione, è contenuto difatti nella continua mutazione dei comportamenti, l’adattabilità, che non trova limiti nemmeno nel corpo, perché è possibile estenderne le capacità con aggiuntivi sempre più sofisticati. Il fatto poi che a scrivere queste righe sia un umano come gli altri, dimostra, al di là della sensatezza di quanto scritto, la straordinarietà della nostra esistenza, persino capace di consapevolezza e astrazione. L’ho presa larghissima, e me ne scuso, perché se c’è qualcosa che rende interessanti le immagini, e quelle fotografiche in massimo grado, è proprio la loro capacità di contenere prima di tutto una essenza di umanità

REST-LAB, come funziona.

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La formula dei REST-LAB è basata sull’esperienza di REST , la rivista di fotografie senza parole , arrivata di recente al  suo undicesimo numero. In sostanza, il percorso segue una linea iconografica, cioè concentra l’attenzione sull’immagine come prima esigenza, prima di ogni altra considerazione. L’idea che sostiene questo approccio è molto semplice: con le immagini si possono fare molte cose, ma per farle prima di tutto bisogna riuscire a produrle queste benedette immagini. Le fotografie poi sono immagini di natura particolare sotto molti punti di vista: tecnici, procedurali, concettuali, ecc. Senza una qualche conoscenza di questi aspetti che rendono le fotografie diverse dalle immagini tradizionali, quelle fatte a mano fin dai tempi più remoti, il rischio è di ottenere immagini imprecise, o peggio inadeguate, facilmente preda di altre forme espressive, a cominciare dal linguaggio scritto-verbale, ma non solo. Il terreno d’azione del laboratorio, quello dove poter dare una fo

Mai completamente altrove.

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Non sono così sicuro che possa esistere una linearità, una progressione storica verso un futuro. Anzi, non ne sono sicuro per niente. Esistono forse dei fatti che si susseguono, ma senza una logica davvero precisa. La storia mi si propone come un rotolamento, un rimbalzare incessante da un fatto ad un altro. Caotico, sì. Anche questa però è solo un’apparenza. Il caos è qualcosa che ancora non trova una spiegazione convincente. Nel susseguirsi dei fatti si possono riscontrare delle costanti, delle possibilità di senso. In genere sono illusorie, sono riflessi del desiderio di un senso. Per questo motivo, sopra ogni altro, per seguire questo desiderio incessante, inarrestabile, trovo particolarmente affascinante l’approccio storico. Qualcosa di insensato che intende raggiungere un senso. Il fascino che sento è contenuto nella provvisorietà delle conclusioni, sempre rimesse in discussione da nuovi fatti o dalla riconsiderazione dei fatti noti da punti di vista diversi. La storia som

REST QUEST: Alessandro Zanini.

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Come si intitola la serie pubblicata su REST e di quante immagini è composta? La serie si intitola Distretto Pilastro Nord-Est ed è composta da una ventina di immagini di cui dieci pubblicate su REST. Quali intenzioni ti hanno guidato nell'impostazione della serie? Il soggetto della serie è una zona dell'estrema periferia nord della città di Bologna, nata a metà degli anni '60 attorno ad un nucleo di edilizia popolare, che storicamente ha vissuto una condizione di relativo isolamento e stigma negativo. Una zona periferica e periurbana dove città e campagna sembrano contendersi lo spazio, dove convivono aree a netta destinazione insieme a spazi più incerti. La campagna fotografica (che ha interessato le zone residenziali, le aree commerciali e di terziario, le aree agricole limitrofe) è stata realizzata come parte integrante di un progetto biennale di rigenerazione urbana (2014-16) promosso dall'Amministrazione locale, ed ha prodotto una mostra cittadina alla qu

Le qualità di un'immagine.

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La fotografia ha poteri che nessun altro sistema d'immagini ha mai avuto, perché, a differenza dei precedenti, non dipende da un creatore di immagini. Per quanto preciso sia l'intervento del fotografo nel preparare e guidare il processo di creazione dell'immagine, questo processo è sempre ottico-chimico (o elettronico), il suo funzionamento è automatico e i suoi meccanismi saranno inevitabilmente modificati per poter offrire mappe del mondo sempre più particolareggiate, e quindi più utili. La genesi meccanica di queste immagini, e la concretezza dei poteri che conferiscono, introducono a un nuovo rapporto tra immagine e realtà. E anche se si potrebbe dire che la fotografia ristabilisce il più primitivo dei rapporti - l'identità parziale tra immagine e oggetto - la potenza dell'immagine è oggi sentita in modo assai differente. Mentre la concezione primitiva dell'efficacia delle immagini parte dal presupposto che esse abbiano le qualità delle cose reali, la n

Non solo fashion.

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Finalmente approda alla Reggia di Venaria Reale una mostra fotografica davvero degna di questo nome. Ci volevano la figura e le opere di uno dei più importanti artefici dell’immaginario editoriale del Novecento: Peter Lindbergh . Difficile trovare nella moda e nelle riviste di settore valori iconici elevati. I nomi dei pochi fotografi capaci di smarcarsi da un’iconografia banale e ripetitiva sono davvero pochi: Richard Avedon su tutti in assoluto, poi Irving Penn, a suo modo anche Helmut Newton e pure Steven Meisel, tra i più recenti. Sì, qualcuno c’è anche in Italia, ma bisogna ben isolare le pagliacciate “da guru” che tanto van di moda qui, pur di far parlare di sè a tutti i costi, dal lavoro vero e proprio. Allora si vede bene la differenza tra il professionismo del bravo artigiano, anche virtuoso, da quel qualcosa in più che solo le personalità migliori riescono a tirare fuori. Lindbergh appartiene ai pochissimi che pur facendo del lavoro commerciale e soddisfacendo l

LIKE IN CHINA

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Un resoconto visivo dell’attraversamento di cinque città cinesi ( Pechino, Xi'an, Guilin, Yangshuo, Shangai ) avvenuto nella primavera del 2017. Al ritorno dal viaggio, Fulvio Bortolozzo mette mano all’archivio delle fotografie sopravvissute alle quasi tredicimila volte che aveva premuto il pulsante di scatto e inizia a pubblicarne una al giorno con l’hashtag #china sul suo profilo Instagram ( https://www.instagram.com/borful ), cosa che continua a fare ancora oggi. Nel flusso delle immagini scorrono volti, luoghi, oggetti e situazioni che, anche solo per un istante o viceversa durante lunghi momenti di osservazione, attraggono la sua attenzione. Non costituiscono una narrazione e nemmeno vogliono rappresentare nulla che non sia semplicemente la testimonianza di un passaggio. Un italiano che si trova in Cina e si guarda attorno seguendo liberamente la sua curiosità sostenuto solo dalla cultura d’origine e dal non sapere quasi nulla di ciò che vede. L’intento è quello di s

REST QUEST: Mauro Quirini.

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©2012-2014 Mauro Quirini. Come si intitola la serie pubblicata su REST e di quante immagini è composta? La serie pubblicata il 9 agosto 2015 su REST si intitola Non ricordo dove , le immagini che la compongono sono oltre 100 ed è una serie che non ho terminato, forse non terminerà mai. Quali intenzioni ti hanno guidato nell'impostazione della serie? Impostazioni che evitano di essere "descrittive", preferisco siano il risultato di un qualche ricordo memorizzato, e che magari affiori nel momento in cui "riconosco" il momento. Quali procedure di ripresa e post produzione hai seguito? Non ho particolari procedure di ripresa, vado-vedo-scatto , molto spesso senza intervenire sui dati di scatto, a parte gli ISO che devo regolare per forza, in quanto fotografo da prima dell'alba ad un'ora dopo, è chiaro che il risultato finale non è decente e mi costringe ad aumentare la luce e intervenire sui colori, un po' di lavoro in meno ovviamente con fot

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