Cosa ci faccio sul web?

Domanda che mi torna in testa con sempre maggiore frequenza. Un tempo, mi davo la giustificazione che essere presente sulla rete fosse funzionale alla mia ricerca di un riconoscimento per quanto andavo facendo attorno al fotografico, sia direttamente nella produzione di fotografie, sia nel proporre pensieri e parole su questa pratica visiva. Oggi però questa ipotesi è definitivamente tramontata. Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto; chi ha dato, ha dato, ha dato.

L'unica cosa che resta immutata è il valore memoriale della rete. Fino a quando ci sarà connessione, e lo spazio sui server non venisse annichilito da qualche cataclisma inimmaginabile, le tracce della mia presenza rimarranno fluttuanti e recuperabili dai motori di ricerca, posto che a qualcuno interessi cercarle. Già solo questa considerazione mi porta a continuare a nutrire i luoghi che frequento di quello che mi passa per la testa di pubblicarvi.

Anche qui però con delle distinzioni. Questo blog "ibrido", gentilmente ospitato senza alcuna condizione da Google fin dal 2008, conserva testi come questo e un certo corpo di fotografie che consentono di farsi un'idea discretamente precisa del mio fare e pensare. Altri miei blog galleggiano mummificati altrove, ma sempre ritrovabili. Sono presenze utili anche per me stesso. Mi stupisco sovente rileggendomi e rivendendo mie antiche fotografie. Quasi fossero di qualcun altro. Un qualcuno che sono evidentemente stato e che poi ho abbandonato lungo la corrente. Magari in attesa di vederlo riemergere di nuovo prima o poi. Lo stesso capita con le autoedizioni su Blurb.com, tutte consultabili on line, anche senza comperarsi la copia su carta. Lì però non so davvero quanto durerà la loro presenza in rete. L'unica certezza è che la mia copia la conservo in libreria, come sempre per l'editoria tradizionale.

Altro discorso sono le presenze sui social media. Ne ho provati diversi, ma alla fine l'unico per il quale conservo dell'interesse è Facebook, con tutti i suoi insopportabili limiti dovuti sia alla gestione algoritmica, sia all'etica anglosassone che lo regola. Da europeo continentale, laico, mediterraneo e italiano, trovo l'ipocrisia del politicamente corretto insopportabilmente oscurantista e retrograda. Detto questo,  mi permette di rimanere in contatto e scambiare idee con alcuni, selezionati, frequentatori. A volte ci si è conosciuti anche di persona, prima o dopo essersi incontrati in rete. Altre volte non è successo, e forse non succederà mai, ma rimane una familiarità virtuale piacevole da coltivare. Al di là di questo, l'indifferenziata e sterminata folla di sconosciuti connessi non mi attrae proprio per nulla.

Altro aspetto stimolante di Facebook è che mi permette di sperimentare l'effetto che mie fotografie fanno sui contatti più stretti. Per questo pubblico quasi sempre solo per loro e valuto i ritorni che mi arrivano. Un modo per confrontarmi con persone di cui apprezzo l'opinione e delle quali, nel frequentarle, immagino di conoscere un po' i gusti, le idee e le inclinazioni. Sono qualche decina in genere, ma quelli con cui ho più assiduità reciproca molti di meno. Tanto mi basta. 

Ecco, ho detto tutto. Lascio questo testo a mia memoria sul blog per il Fulvio che sarò più avanti.
Ringrazio sempre di cuore quanti mi leggono e se qualcuno vorrà farmi sapere la sua, lo leggerò o ascolterò volentieri, e meglio ancora sarebbe chiacchierare di persona davanti ad un buon caffè.
.

ARCHIVIO

Mostra di più

HASHTAG

Mostra di più