Un napoletano in Palestina.

Inutile pensare di risolvere la questione israelo-palestinese con la razionalità e l'empatia umanitaria. Quel pezzo di pianeta maledetto, dove ben tre disgrazie monoteiste convergono, è come un manicomio a cielo aperto in cui gli europei e i loro discendenti d'oltreoceano hanno pensato bene di lasciare che si autoconfinassero persone traumatizzate nel profondo. Per senso di colpa, per cinico scaricabarile, perché di meglio da fare non c'era, comunque milioni di persone che in Europa non potevano più vivere sicure sono scappate lì e si sono messe fin da subito a litigare con quelli che c'erano: musulmani della stessa identica etnia, ché semiti non sono solo gli ebrei.

Con il timbro dell'ONU, a trazione "nazioni vincitrici della seconda guerra mondiale", USA in testa, si è permesso di creare una nazione su base etnica e confessionale, ancorché inizialmente laica e persino socialista. Il regalino di compensazione a quelli che già li vivevano da sempre era che si potevano tenere una parte della terra e farci una nazione tutta loro di cui non sentivano alcun bisogno. Da queste premesse lontane allo sterminio dell'8 ottobre scorso e successivi bombardamenti di ritorsione con qualche effettino collaterale inevitabile è un attimo.

Come uscirne? Non alleno la Nazionale, ma come tutti noi virologi, ucrainologi e qualsiasiargomentologi ho il mio schema di gioco ed è quello napoletano classico: chi ha avuto, ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato, ha dato, scurdammece 'o passato simme tutt'uommene paisà. Pace e vita per tutte le persone che esistono lì, non importa con quale formula politica. Chi va in questa direzione può mettersi la maglietta da tifoso del Bene, gli altri tifano per il "tanto peggio, tanto meglio". 

Ovviamente IMHO.



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