Barbie al cinema.

Ci ho pensato un po' su prima di decidermi a scrivere qualcosa sul film della Barbie. L'ho visto ai primi del mese e sono uscito dalla sala piuttosto irritato.Sala affollata di persone come ultimamente mai mi era capitato di vedere. Tanti bambini, ma anche diversi boomer come me. Un campione d'incassi senza dubbio. Come al solito, non ho voluto sapere nulla prima di andare al cinema. Mi aspettavo una commedia leggera, sul tipo di "Mamma mia", o comunque molto colore, rosa su tutti, un po' di musical, divertimento e una certa spensieratezza.

Non sto a rivelare la trama o dettagli importanti per non togliere il piacere di scoprirli ai forse pochi che ancora non l'avessero visto. L'inizio comunque sembrava andare verso qualcosa vicino al citazionismo demenziale inglese, stile Monty Python per capirci. Ci stava. Poi però tutto si confonde piano piano. Emergono tematiche seriose buttate lì senza grazia alcuna. Leggo sulla rete da alcune fonti che questo disordine narrativo sarebbe stato fortemente voluto dalla regista per suscitare provocazione e riflessione nel pubblico. A me è sembrato un affastellarsi di quei predicozzi neopuritani che stanno ammorbando la cultura statunitense, e, per conseguenza inevitabile, di gran parte dell'Occidente a trazione anglosassone.

Mi sono ritrovato con una bambola rotta tra le mani senza che questo portasse a niente di meglio. La lunga tradizione statunitense di cinema dissacratore, penso a Mel Brooks, a John Belushi, a Robin Williams e molti altri, è del tutto dimenticata. Una sceneggiatura che cambia registro senza un perché, che non trova mai un crescendo, un coinvolgimento trascinante. Penso anche solo a gioielli come The Blues Brothers o Truman Show. Sembra quello che capita a chi si ostina a voler essere qualcuno che non può essere.

Dai tempi immediatamente prebellici, quando Topolino e Biancaneve, insieme a Charlie Chaplin, furono gli antidoti mediatici più universalmente condivisibili contro l'orrore delle dittature euopee, e delle loro propagande, troppa acqua è passata sotto i ponti e la cultura statunitense sta perdendo consapevolezza di se stessa, oltre alla capacità di attrarre a se culture altre. Una crisi che mi pare profonda, forse irreversibile, se i tentativi di uscirne portano a film come questo.

La cosa che poi mi appare più controversa è il passaggio del bastone del comando ideologico-produttivo dalle Majors hollywoodiane direttamente alle multinazionali, come la Mattel, che fanno tutto da sole ormai certe di un consenso senza ombre ad ogni loro iniziativa. Successo ai botteghini, ma soprattutto nelle coscienze alienate, pronte a bersi ogni cosa, applaudendo persino.

Tempi nuovi incombono.




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