Per non tornare mai più.

 

Lido Valderice, 2012.

È confortevole che il viaggio abbia un'architettura e che sia possibile portarvi qualche pietra, sebbene il viaggiatore sembri non tanto uno che costruisce paesaggi - ufficio del sedentario - quanto uno che li smonta e li disfa, come il barone von R. di Hoffmann, che girava per il mondo facendo collezioni di panorami e, quando lo riteneva necessario per godere o per creare un bel colpo d'occhio, faceva segare alberi, sfrondare rami, spianare le gibbosità del terreno, abbattere interi boschi o demolire fattorie, se ostacolavano una visuale. Ma anche la distruzione è un'architettura, una decostruzione che segue regole e calcoli, un'arte di scomporre e ricomporre ossia di creare un altro ordine: quando una parete di fogliame cadeva d'improvviso, spalancando una veduta sui ruderi di un castello lontano nella luce del tramonto, il barone von R. si fermava alcuni minuti a contemplare lo spettacolo che egli stesso aveva messo in scena e poi ripartiva in fretta, per non tornare mai più.

(Claudio Magris, Una questione di grondaie, dalla raccolta di racconti Danubio, 1990)


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