Stanche ceneri.
Duecento anni fa Napoleone moriva nell'Isola di Sant'Elena.
Sembra che ne siano passati mille in realtà, anche se pur provando a resistere alla tentazione non è davvero possibile lasciar passare questa ricorrenza nel silenzio quando fin dall'infanzia ci è stato detto a scuola che questo è stato uno dei Grandi Uomini che hanno fatto la Storia, come Giulio Cesare, Alessandro Magno e pochissimi altri.
Dopo due secoli trascorsi pericolosamente, forse si può comprendere con migliore evidenza che sì, Napoleone Bonaparte ha condotto alla morte ed alla gloria tanti suoi connazionali sui campi di battaglia di mezza Europa, ma che no, non è stato un grande uomo. Un grande, anzi grandissimo comandante in battaglia. Un geniale artista della guerra. Un artista che realizzava le sue opere con il sangue dei soldati morti e straziati, suoi e dei suoi nemici, con risultati ineguagliabili, almeno fino a che gli eserciti non diventarono troppo grandi, i suoi migliori assistenti non furono morti o scappati altrove e una nuova generazione di brillanti comandanti avversari non ne comprese ed imparò i metodi.
Restano le ceneri di un uomo morto nel suo letto dopo una vita passata a far morire gli altri prima del tempo di morte violenta. Per me non è un grande uomo, come non lo sono mai questi conquistatori mortiferi che affollavano i libri scolastici di una volta. Sono figure da non dimenticare per evitarci gli orrori di cui furono maestri indiscussi. Erano i migliori del loro tempo nell'attività peggiore che la specie umana possa praticare: la morte violenta di altri sapiens. Purtroppo la fine di questa attività sembra ancora troppo lontana, ma almeno non compiacersene mi pare sia ormai indispensabile.