Chi è l'ultimo?


Una domanda di civiltà, quando si arriva dove c'è un assembramento di persone in attesa di svolgere una commissione da qualche parte. Assembramento e non fila indiana perché gli italiani non sono razzisti, ma queste robe degli indiani non le hanno mai davvero capite.

Una domanda però che è anche indispensabile per capire chi resterà con il cerino a bruciarsi la mano in questa società italica fatta di corporazioni, privilegi e diritti acquisiti di fronte alla prima pandemia del secolo. Chi sarà a vaccinarsi per ultimo, magari molto tempo dopo che i primi avranno avuto la loro dose? 

Bene, se il buongiorno si vede dal mattino, per paradosso ci potrebbe restare qualche anziano dimenticato. Sicuramente ci resteranno persone fragili, se per fragilità intendiamo anche una condizione sociale e non solo sanitaria. Siamo difatti tutti sulla stessa barca, ma qualcuno viaggia nelle cabine del ponte di prima classe, altri in quelle di seconda e troppi sono buttati alle intemperie in terza classe. Se il bastimento si chiama "Italia" già è un'ingiustizia umanitaria intollerabile, se poi lo chiamiamo "Europa" le cose forse andranno meglio di poco e se invece lo chiamiamo "Terra", il bastimento sta affondando nell'abbandono di chiunque non riesca ad aggrapparsi alla ringhiera delle classi superiori, in genere occidentali e di queste in specie quelle anglosassoni.

Per questi motivi, la migliore forma di giustizia sociale rimasta mi pare che sia la rapidità estrema della vaccinazione universale. Meno tempo ci vorrà per vaccinare tutti e ovunque, meno morti, feriti e dimenticati si lasceranno al virus. Il tempo, come al solito, è l'unica variabile, nel bene e nel male, sulla quale agire per fare giustizia, o almeno per diminuire il più possibile le già troppe ingiustizie.

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