Una fotografia è una fotografia.
Non penso che le fotografie siano l'equivalente tecnico delle immagini grafiche tradizionali. Mi pare un abbaglio concettuale da cui nascono a ripetizione, e da sempre, un'infinità di fraintendimenti. Se fino all'avvento della fotografia digitale l'equivoco era sostenuto dall'inevitabile natura oggettuale delle fotografie, costrette ad esistere per via chimica e quindi su superfici fisiche, oggi che la loro diffusione avviene quasi esclusivamente per via telematica possiamo finalmente apprezzarne la natura ubiquitaria e immateriale. Sono immagini senza precedenti nella storia umana che hanno finito per travolgere ogni tipo di immagine precedente assorbendola all'interno del proprio meccanismo di funzionamento. Per questo motivo trovo deleteri i tentativi di ridurre le fotografie ad imitazioni delle immagini tradizionali. La loro qualità non dipende dal valore oggettuale, così come non può dipendere dal renderle rare limitandone artificiosamente la diffusione e nemmeno dipende da qualche metodo più o meno artigianale di produzione, magari particolarmente costoso. Dipende dalla loro semplice ed irrefrenabile esistenza, non importa in quale forma e contenitore. Se in esse c'è qualcosa che sollecita il pensiero umano, ecco che il loro valore si manifesta. Tra l'altro, questo pensiero è mutevole nel tempo, così come mutano nel tempo le fotografie. Ma di questo scriverò forse un'altra volta.