La morte di un professore, il pensiero e la libertà.

Samuel Paty insegnava storia, geografia ed educazione civica in una scuola pubblica nei dintorni di Parigi, poi un brutto giorno è arrivato un giovane che l'ha decapitato per strada per qualcosa che aveva fatto e detto in classe. Da noi temo che sia stato percepito più o meno come l'ennesimo efferato fatto di cronaca. 

In Francia invece la morte del professore ha suscitato un'emozione enorme che ha trovato nella commemorazione ufficiale alla Sorbona svolta da Emmanuel Macron il suo culmine istituzionale.

Penso che questo dipenda dal ruolo riconosciuto alla scuola e ai docenti nella formazione delle nuove generazioni repubblicane in uno stato laico che ha come suo atto fondante la Déclaration des Droits de l'Homme et du Citoyen del 1789. Diciassette brevi articoli che cambiano il modo di considerare l'essere umano e lo rendono indipendente da ogni legame e vincolo con ciò che non riconosce come valido per se stesso, a cominciare dalle religioni per proseguire con le appartenenze di casta, economiche, politiche, sociali e culturali. La libertà quindi, che non può mai trasformarsi nella distruzione delle altrui libertà, ma con esse deve trovare equilibrio e armonia esistenziale.

Samuel Paty, in questo senso, è davvero un martire della libertà. Senza magari saperlo, la sua semplice lezione che intendeva solo sviluppare il senso critico e il dialogo tra allievi di provenienze diverse, quindi la libertà di pensiero, prima e insostituibile libertà, era invece considerato da alcuni un atto talmente ostile da meritare la morte. 

Esseri umani in grado di ragionare e dialogare razionalmente nella piena autonomia di qualsiasi questione sono l'unico argine al pensiero unico e, per converso, alla diffusione massiva delle credenze più irrazionali. Due abissi nei quali l'umanità sembra voler precipitare volentieri, con voluttà persino. Forse perché pensare è sempre più faticoso per menti indebolite in tutti i modi nel loro percorso di vita. 

La Francia repubblicana non è esente da colpe storiche, di vario e anche terribile genere, ma se c'è ancora un senso per l'esistenza di una nazione, bene quel senso è proprio nella difesa della libertà di pensiero. Non di espressione invece. L'espressione non implica per forza un pensiero, ma può anche solo  avere alla sua base un'emozione. E di emozione senza pensiero si nutrono gli abissi che stanno sotto i nostri piedi. Sempre più vicini.

ARCHIVIO

Mostra di più

HASHTAG

Mostra di più