La questione del paesaggio.
Almeno per chi, ancora oggi, ci cammina in mezzo con una fotocamera in mano. Che cosa esso sia è faccenda che anima le discussioni. Se esista per davvero poi è da capire. Un paesaggio può essere tante cose insieme, come anche nessuna. Più che un luogo con caratteri precisi e distinguibili da altri luoghi è un concetto, una sintesi che appare alla mente di chi vi entra in contatto. A fare massa, fino a definirne contorni visibili, è l'insieme dei concetti che gli umani si comunicano a vicenda convincendosi l'un l'altro che una certa identità visibile sia verificabile a maggioranza. Si tratta di un complesso rincorrersi di percezioni e pensieri che convergono verso una comune convinzione. Un paesaggio quindi parrebbe esistere prima di tutto nella mente degli umani.
Per la natura forse la questione è tutta un'altra, fisica in pratica. Si tratta di cambiamenti che interagiscono fino a condensarsi in un certo rallentamento, una sorta di abitudine geografica che permane a lungo, se non sollecitata da ulteriori drastici cambiamenti improvvisi. Quindi il paesaggio è quella permanenza apparente della natura che agli umani pare assumere connotati precisi e distinguibili.
Ma ormai da qualche millennio la natura non è la sola fonte di cambiamento dei luoghi. Gli umani hanno ormai un ruolo enorme, sempre più prevalente in molte zone del pianeta. Il paesaggio però, come concetto, non cambia per questo motivo. Si aggiunge solo il fattore umano a quello naturale.
Quindi un paesaggio è ciò che gli umani concepiscono come visibile e distinguibile nella loro mente. Una proiezione di pensieri sulle cose. In questo senso, l'immagine, e a maggior ragione quella fotografica, è un buon modo di dare sostanza, concretezza, evidenza a questi pensieri. Come se il paesaggio esistesse per davvero così come lo si presenta.
In realtà, sempre di pensieri umani si tratta. Il paesaggio è quindi un luogo tutto interiore, che nasce e muore negli umani. L'idea di abitare e attraversare un paesaggio è ansiolitica per gli umani. Li libera dall'incubo dell'imponderabile, del transitorio indistinguibile. Gli umani hanno paura di vivere e la paura di vivere si calma con l'idea che le cose abbiano un senso, un carattere, una possibilità di relazione quasi come quella con altri esseri umani. Siano quindi a portata degli umani, siano in fondo affrontabili, si possa con esse stabilire una relazione, il più positiva possibile certamente.
Forse per questo si prendono fotografie nel paesaggio: per costruirne l'esistenza, almeno come immagine.
Ma ormai da qualche millennio la natura non è la sola fonte di cambiamento dei luoghi. Gli umani hanno ormai un ruolo enorme, sempre più prevalente in molte zone del pianeta. Il paesaggio però, come concetto, non cambia per questo motivo. Si aggiunge solo il fattore umano a quello naturale.
Quindi un paesaggio è ciò che gli umani concepiscono come visibile e distinguibile nella loro mente. Una proiezione di pensieri sulle cose. In questo senso, l'immagine, e a maggior ragione quella fotografica, è un buon modo di dare sostanza, concretezza, evidenza a questi pensieri. Come se il paesaggio esistesse per davvero così come lo si presenta.
In realtà, sempre di pensieri umani si tratta. Il paesaggio è quindi un luogo tutto interiore, che nasce e muore negli umani. L'idea di abitare e attraversare un paesaggio è ansiolitica per gli umani. Li libera dall'incubo dell'imponderabile, del transitorio indistinguibile. Gli umani hanno paura di vivere e la paura di vivere si calma con l'idea che le cose abbiano un senso, un carattere, una possibilità di relazione quasi come quella con altri esseri umani. Siano quindi a portata degli umani, siano in fondo affrontabili, si possa con esse stabilire una relazione, il più positiva possibile certamente.
Forse per questo si prendono fotografie nel paesaggio: per costruirne l'esistenza, almeno come immagine.