La contemporaneità del fotografare.


Una riflessione utile riguardo alla pratica fotografica è quella sul rapporto con la contemporaneità. L’idea del contemporaneo si afferma attorno alla fine degli anni Sessanta nei vari ambiti culturali come attività di critica e superamento del Modernismo. Non si tratta quindi solo e semplicemente di una fase storica e cronologica. Non basta prendere fotografie adesso perché esse siano automaticamente contemporanee. Perché lo siano veramente è necessario che si pongano in antitesi al Moderno, proponendo soluzioni di altra natura formale e concettuale.

Tuttavia nell’ambito della cultura fotografica nostrana, le questioni non vengono quasi mai poste in questi termini. Nella norma, ci si riferisce al fotografare usando come metodo i “generi”, suddividendo cioè la pratica in filoni iconografici con loro precise regole di funzionamento, facilmente comprensibili a chiunque. Per decenni poi è stata adottata la suddivisione tra fotografia amatoriale e professionale, attribuendo a ciascuna proprietà intrinseche, anche estetiche, ben precise. Con l’ormai quasi definitiva scomparsa del mestiere di fotografo, l’attenzione si è spostata da qualche tempo sulla differenza tra artista e amatore. Sempre con i dovuti distinguo teorici ed operativi.

Il limite di tutti questi comodi paletti è però che non portano alla questione  che per me rimane quella fondamentale: la contemporaneità del fotografare. Ripetere difatti incessantemente modelli e approcci già ampiamente consumati dalla storia, equivale al fare “uncinetto fotografico”. Piacevole, divertente, gratificante forse, ma sterile e utile solo come passatempo ansiolitico.


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