Fotografie e parole, un amore non pervenuto.
Ieri sera PHOM ha portato Renata Ferri e Michele Smargiassi alla Scuola Holden di Torino. Un luogo dove si allevano seminaristi della parola. Il tema era ghiotto: "Fotografia e parola nel prodotto editoriale".
L'inizio è stato di Michele Smargiassi che ha presentato, con il supporto di uno slideshow, un interessante esperimento dello scrittore Georges Perec. In questo suo articolo fotocratico del 2012 potete leggere di che si tratta:
http://smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it/2012/02/03/quando-perec-sfido-la-fotografia/
Conclusione provvisoria: bisogna rassegnarsi al fatto che la fotografia non è un linguaggio, o meglio è un messaggio senza codice. Indi per cui, il rapporto con le parole rimane molto problematico. Due amanti che sembrano fatti apposta per non consumare mai. Applausi. Concordo pienamente, tranne nella necessità che debbano per forza amarsi. Quando non ce n'è, non ce n'è. Meglio che ognuno vada per la sua strada.
A seguire, Renata Ferri presenta alcuni casi virtuosi in ambito giornalistico ed editoriale, in particolare cartaceo, ma sempre legato all'informazione. Qui il discorso si specifica sull'annosa questione del rapporto tra parola e fotografia quando c'è da raccontare una storia che nasce dagli eventi di cronaca. Le soluzioni indicate sono interessanti perché la sua sensibilità di photoeditor di razza l'ha portata negli anni a inoculare, quasi come un virus, la fotografia d'autore in meandri editoriali dove di solito porterebbero la mano alla pistola al solo sentirla nominare. Applausi anche a lei per il meritorio lavoro sul campo.
Nel frammezzo, la rete, i social, i docuweb e tutto l'apparato digitale della contemporaneità che sta strangolando a morte i mediatori classici dell'informazione: testate storiche e giornalisti di penna o camera, tutti pari nel disastro socio-economico del settore. Soldi non ce ne sono più, il pubblico non è più quello di una volta (ricordate il torinese con La Stampa in tasca già di prima mattina o il vecchio compagno stalinista che sfoggiava invece L'Unità?). Insomma una tregenda biblica. In fondo al tunnel una piccola luce di speranza forse c'è, ma mi sa che è più una preghiera al santo protettore degli informativi in lotta contro gli informatici. Comunque, siamo qui con il popcorn in mano per vedere come prosegue la telenovela d'amore tra fotografie e parole.
L'inizio è stato di Michele Smargiassi che ha presentato, con il supporto di uno slideshow, un interessante esperimento dello scrittore Georges Perec. In questo suo articolo fotocratico del 2012 potete leggere di che si tratta:
http://smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it/2012/02/03/quando-perec-sfido-la-fotografia/
Conclusione provvisoria: bisogna rassegnarsi al fatto che la fotografia non è un linguaggio, o meglio è un messaggio senza codice. Indi per cui, il rapporto con le parole rimane molto problematico. Due amanti che sembrano fatti apposta per non consumare mai. Applausi. Concordo pienamente, tranne nella necessità che debbano per forza amarsi. Quando non ce n'è, non ce n'è. Meglio che ognuno vada per la sua strada.
A seguire, Renata Ferri presenta alcuni casi virtuosi in ambito giornalistico ed editoriale, in particolare cartaceo, ma sempre legato all'informazione. Qui il discorso si specifica sull'annosa questione del rapporto tra parola e fotografia quando c'è da raccontare una storia che nasce dagli eventi di cronaca. Le soluzioni indicate sono interessanti perché la sua sensibilità di photoeditor di razza l'ha portata negli anni a inoculare, quasi come un virus, la fotografia d'autore in meandri editoriali dove di solito porterebbero la mano alla pistola al solo sentirla nominare. Applausi anche a lei per il meritorio lavoro sul campo.
Nel frammezzo, la rete, i social, i docuweb e tutto l'apparato digitale della contemporaneità che sta strangolando a morte i mediatori classici dell'informazione: testate storiche e giornalisti di penna o camera, tutti pari nel disastro socio-economico del settore. Soldi non ce ne sono più, il pubblico non è più quello di una volta (ricordate il torinese con La Stampa in tasca già di prima mattina o il vecchio compagno stalinista che sfoggiava invece L'Unità?). Insomma una tregenda biblica. In fondo al tunnel una piccola luce di speranza forse c'è, ma mi sa che è più una preghiera al santo protettore degli informativi in lotta contro gli informatici. Comunque, siamo qui con il popcorn in mano per vedere come prosegue la telenovela d'amore tra fotografie e parole.