La questione del soggetto.
Di recente si è suicidato all'età di 83 anni il fotografo inglese David Hamilton. La notizia mi ha colto di sorpresa perché erano talmente tanti anni che non ne sentivo più parlare che poteva benissimo essere anche già morto.
Di lui ricordavo quelle fotografie degli anni Settanta - Ottanta di giovani adolescenti nude e seminude avvolte in vaporosi effetti "pittorici", che si diceva ottenesse alitando sul filtro o usando gli allora tanto in voga Filtri Cokin. Famosa era anche la fotocamera che usava: la reflex Minolta.
Per un certo periodo fu molto apprezzato non solo dai fotoamatori, che tentavano pure come potevano di emularlo. Minolta e Cokin ne ebbero discreti vantaggi economici. Le riviste, Photo in testa, lo pubblicavano volentieri e persino nella popolarissima collana Fratelli Fabbri Editori delle monografie I grandi fotografi, comparve un fascicolo a lui dedicato nel 1982.
L'iconografia di Hamilton era dichiaratamente orientata a soddisfare un gusto del tempo. Un erotismo appena velato che vedeva nelle "fanciulle in fiore" un soggetto accettabile, con vari precedenti storici non solo in fotografia, ma anche nell'illustrazione e in pittura. Nulla di particolarmente scandaloso e difatti, tranne i soliti inveterati bigotti, nessuno vi trovava alcunché da eccepire. Le modelle erano consenzienti, perché i loro genitori non solo approvavano, ma si sentivano privilegiati nel vederle ritratte dal grande fotografo. Tutto quindi fluiva secondo un gusto, una sensibilità e un'etica del tempo.
Personalmente, non avevo mai trovato quelle immagini particolarmente interessanti. Avevano qualcosa di stucchevole e manierato che me le rendeva distanti. Però non mi disturbavano nemmeno. All'epoca chi riusciva a colpirmi era, per esempio un Helmut Newton o anche Irina Ionesco (chi se la ricorda più?).
Tutto questo assume contorni inquietanti oggi perché poco prima della sua morte, Hamilton viene accusato di violenza carnale dapprima da una sua modella dell'epoca e poi anche da altre tre. La vicenda in Francia assume subiti contorni grotteschi al limite dell'isteria mediatica perché avviene adesso, nell'epoca dell'ossessione per la pedofilia non solo come pratica reale, ma anche come pratica virtuale.
Troppo presto per sapere cosa ci sia di vero nelle accuse tardive rivolte ad un vecchio. In Francia era già capitato che dei modelli di Robert Doisneau lo portassero in tribunale pretendendo risarcimenti che non erano affatto dovuti. Per fortuna Doisneau conservava ancora le ricevute dei pagamenti dopo tanti decenni e i malfattori vennero smentiti.
Uscendo però dal caso specifico, che se dimostrato merita certamente la più ferma condanna morale di qualsiasi persona civile, vorrei sottolineare come ogni iconografia, ed in specie quella fotografica, mantiene una relazione fondamentale con il soggetto. La maggior parte delle persone non colgono la separazione tra il lavoro dell'autore e i suoi soggetti. Anzi, tanto più il suo lavoro è ben fatto, ancor più questa scissione risulta quasi impossibile. Si tratta della potenza dell'icona che viene a sostituirsi al modello da cui origina.
In questo senso, la scelta del soggetto non è secondaria, ma fondante. Un vegetale, piuttosto che un luogo o una persona comunque vengano tradotti in immagine continueranno a proiettarsi come tali. Ecco forse perché nei social i gattini, i fiori e i tramonti continuano imperterriti a mietere consensi per quanto banali siano le iconografie che li contengono.