Almeno per adesso.
I flussi mediatici del momento mostrano un bambino siriano di Aleppo coperto di polvere scura su tutto il corpo, vestito come vestivano me alla sua età, con molto sangue sul volto. Sta seduto attonito sul grande sedile arancione di un'ambulanza. Il tutto avvolto in una luce forte e fredda, quasi da studio fotografico.
Interessante notare che è un frame di un video. Lo scrivo perché penso sia un'immagine che può piacere davvero molto ai giurati del prossimo World Press Photo e quindi potrebbero anche nell'occasione sdoganare la videocamera come strumento fotografico. Tanto le più recenti fotocamere sono già delle videocamere di alta qualità. Quindi il momento decisivo e bla bla bla non è altro oggi che uno dei 25 fotogrammi ripresi in un dato tempo, basta scegliere quello giusto, dopo, con tutta calma.
Quello giusto per cosa? In questo caso, per fornire ai flussi mediatici un'immagine semplice ed efficace, facile da vedere e ricordare, non troppo cruda, ma abbastanza da commuovere. Insomma l'icona che ci vuole per orientare l'attenzione dei medializzati verso la tragedia umana in corso in Siria. Come lo fu, tempo addietro, quella del bimbo morto su una spiaggia. Sempre vestito come me alla sua età e in una posizione da bambolotto senza vita che non poteva lasciare indifferenti.
I bambini, non solo in Siria, muoiono ogni giorno come le mosche in tutto il mondo. Per fame, in genere, ma anche per malattie e violenze varie. Per quanti ne muoiono ne nascono altri, anche di più, che affrontano pericoli estremi nel tentativo di diventare adulti. L'UNICEF, per citare una delle istituzioni più famose sul tema, ci sbatte il capo da anni fino alla disperazione. Però tutti questi morti non suscitano sufficiente emozione perché milioni di adulti si sollevino una buona volta tutti insieme per porre fine a questo infanticidio.
Non resta che anestetizzarsi con un'icona come quella del bimbo di Aleppo, che ti assomiglia, che assomiglia a com'eri tu quando ti tenevano in braccio i tuoi genitori o i tuoi zii e nonni. Sei tu, ce l'hai fatta, non sei finito in quel modo lì, morirai d'altro, da adulto. La televisione si può spegnere, il cellulare anche, il computer pure. Basta che qui non capiti niente. Almeno per adesso.
Interessante notare che è un frame di un video. Lo scrivo perché penso sia un'immagine che può piacere davvero molto ai giurati del prossimo World Press Photo e quindi potrebbero anche nell'occasione sdoganare la videocamera come strumento fotografico. Tanto le più recenti fotocamere sono già delle videocamere di alta qualità. Quindi il momento decisivo e bla bla bla non è altro oggi che uno dei 25 fotogrammi ripresi in un dato tempo, basta scegliere quello giusto, dopo, con tutta calma.
Quello giusto per cosa? In questo caso, per fornire ai flussi mediatici un'immagine semplice ed efficace, facile da vedere e ricordare, non troppo cruda, ma abbastanza da commuovere. Insomma l'icona che ci vuole per orientare l'attenzione dei medializzati verso la tragedia umana in corso in Siria. Come lo fu, tempo addietro, quella del bimbo morto su una spiaggia. Sempre vestito come me alla sua età e in una posizione da bambolotto senza vita che non poteva lasciare indifferenti.
I bambini, non solo in Siria, muoiono ogni giorno come le mosche in tutto il mondo. Per fame, in genere, ma anche per malattie e violenze varie. Per quanti ne muoiono ne nascono altri, anche di più, che affrontano pericoli estremi nel tentativo di diventare adulti. L'UNICEF, per citare una delle istituzioni più famose sul tema, ci sbatte il capo da anni fino alla disperazione. Però tutti questi morti non suscitano sufficiente emozione perché milioni di adulti si sollevino una buona volta tutti insieme per porre fine a questo infanticidio.
Non resta che anestetizzarsi con un'icona come quella del bimbo di Aleppo, che ti assomiglia, che assomiglia a com'eri tu quando ti tenevano in braccio i tuoi genitori o i tuoi zii e nonni. Sei tu, ce l'hai fatta, non sei finito in quel modo lì, morirai d'altro, da adulto. La televisione si può spegnere, il cellulare anche, il computer pure. Basta che qui non capiti niente. Almeno per adesso.