Più avanti nel tempo.
La prima serata del nuovo ciclo di incontri di Phom, stavolta dedicato al rapporto tra fotografia e parola, ha visto come protagonisti Giorgio Falco e Sabrina Ragucci, i co-autori dell'opera "Condominio oltremare", della quale ebbi già modo di scrivere su questo blog.
Trovate il post QUI.
Certamente ha ragione Marco Benna, il boss di Phom, quando dice che scopo degli incontri è quello di sentire dalla viva voce dei protagonisti quale sia la loro esperienza delle cose e il senso che pensano possa e debba avere ciò che fanno. Nel caso di Falco e Ragucci è stato proprio così. Avevo già espresso delle perplessità sulla coesione, a mio avviso mancata, tra le parole del romanzo breve di Giorgio Falco e le 59 fotografie di Sabrina Ragucci che vi si innestano in vario modo all'interno, con l'intenzione di creare un controcanto, un "innesco" come dicono loro, qualcosa in grado di espandere l'effetto delle parole e di introdurre ulteriori sfumature di pensiero attraverso l'evocazione muta, reticente anche, portata dal visivo delle fotografie.
Durante la serata lo scrittore ha presentato chiaramente il suo punto di vista sul rapporto con le immagini, ma anche con i suoni o con ogni altra esperienza fenomenica e sensoriale che possa alimentarne la letteratura. Difatti, a mio modesto parere di lettore, il romanzo riesce bene a combinare diversi apporti esperienziali, e solo in parte strettamente autobiografici, per costruire un'unità narrativa compiuta in se stessa, muovendosi per di più su vari registri stilistici.
Diverso il discorso per le fotografie, che seguono un'altra linea di osservazione dei luoghi. Pur basandosi su riferimenti precisi alla migliore fotografia contemporanea (L'autrice cita espressamente: il lavoro fotografico di Dan Graham; Lewis Baltz, che considera suo importante maestro; Guido Guidi e altri ancora) il corpo fotografico mantiene tuttavia una certa necessità di appoggiarsi alla parola scritta per trovare il suo compimento, finendo, a mio parere, per soggiacere al testo, più che accompagnarlo o contrappuntarlo.
Sia come sia, il loro libro l'ho comperato e lo conservo con piacere, in attesa di rileggerlo e riguardarlo ancora. Più avanti nel tempo.
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Certamente ha ragione Marco Benna, il boss di Phom, quando dice che scopo degli incontri è quello di sentire dalla viva voce dei protagonisti quale sia la loro esperienza delle cose e il senso che pensano possa e debba avere ciò che fanno. Nel caso di Falco e Ragucci è stato proprio così. Avevo già espresso delle perplessità sulla coesione, a mio avviso mancata, tra le parole del romanzo breve di Giorgio Falco e le 59 fotografie di Sabrina Ragucci che vi si innestano in vario modo all'interno, con l'intenzione di creare un controcanto, un "innesco" come dicono loro, qualcosa in grado di espandere l'effetto delle parole e di introdurre ulteriori sfumature di pensiero attraverso l'evocazione muta, reticente anche, portata dal visivo delle fotografie.
Durante la serata lo scrittore ha presentato chiaramente il suo punto di vista sul rapporto con le immagini, ma anche con i suoni o con ogni altra esperienza fenomenica e sensoriale che possa alimentarne la letteratura. Difatti, a mio modesto parere di lettore, il romanzo riesce bene a combinare diversi apporti esperienziali, e solo in parte strettamente autobiografici, per costruire un'unità narrativa compiuta in se stessa, muovendosi per di più su vari registri stilistici.
Diverso il discorso per le fotografie, che seguono un'altra linea di osservazione dei luoghi. Pur basandosi su riferimenti precisi alla migliore fotografia contemporanea (L'autrice cita espressamente: il lavoro fotografico di Dan Graham; Lewis Baltz, che considera suo importante maestro; Guido Guidi e altri ancora) il corpo fotografico mantiene tuttavia una certa necessità di appoggiarsi alla parola scritta per trovare il suo compimento, finendo, a mio parere, per soggiacere al testo, più che accompagnarlo o contrappuntarlo.
Sia come sia, il loro libro l'ho comperato e lo conservo con piacere, in attesa di rileggerlo e riguardarlo ancora. Più avanti nel tempo.