Tacere senza conseguenze.

Di recente ho avuto l’opportunità di far parte di una giuria nell’ambito di un concorso fotoamatoriale a tema. La formula, per fortuna, non prevedeva il solito medagliere in stile Giovani Marmotte Fotografiche (leggi FIAF), ma la selezione di un corpo d’immagini con le quali allestire una mostra collettiva e un catalogo. In questa chiave, il lavoro della giuria si avvicinava di più alla fase iniziale di una curatela e con questo spirito si è lavorato.

Purtroppo il livello medio delle proposte, sia per soluzioni visive, sia per aderenza al tema, era decisamente insufficiente e quindi si è finito per fare un ben modesto fuocherello con la scarsa qualità della legna a disposizione.

Al di là della vicenda, penso che vi sia un problema di fondo, che non riguarda solo il mondo fotoamatoriale, legato alla questione del tema. Forse tutto origina dai banchi della scuola dell’obbligo. L’idea perversa che chiunque possa dire qualcosa su qualsiasi argomento purché sollecitato dall’imposizione di qualcun'altro, il docente in questo caso. Probabilmente questa pretesa di onniscienza, finisce invece per alimentare l’inevitabile tendenza alla banalità e al conformismo, o peggio alla bizzarria, quando non si sappia che dire e non si voglia per questo subirne un danno. Ovvero può alimentare illusioni nefaste nei soggetti dotati di un’autostima eccessiva.

In questo senso, l’unico rimedio immediato mi pare il tema libero. Ognuno pensi, dica e faccia vedere ciò che lo interessa sul serio e, nel caso non sia giunto il suo tempo, sia persino messo nella condizione di poter tacere senza conseguenze.

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