L'Europa delle armi.
Paolo Verzone. Una persona che per me non è uno qualsiasi. Ci conosciamo da non troppi anni, ma è proprio l'amico d'infanzia che avrei voluto avere. Ce l'ho adesso e, siccome penso di essere rimasto un po' bambino, me lo godo lo stesso, quando si può. Sì, perché lui vive a Parigi. Anzi in Europa. Una propaggine occidentale insignificante dell'intero continente euroasiatico. Eppure in così poco spazio quante storie son venute fuori nelle generazioni. Lo sanno nel mondo intero perché gli europei sono andati dappertutto e quasi mai in pace.
La guerra per L'Europa è sempre stata una necessità, un modo di vivere, un mestiere, come bene ci raccontò Ermanno Olmi al cinema, e persino un'arte. La guerra, cioè il proseguimento della politica con i metodi coercitivi della violenza fisica organizzata, probabilmente ha radici profonde nel genere umano. Forse è parte stessa della natura umana. In ogni caso, non basta mai abbandonarsi a gesti impulsivi. Tutto va preparato, pensato, organizzato, provato. Ci vuole preparazione, e molta, perché stiamo parlando di paura, paura di morire e di far morire. Le guerre non si vincono quasi mai per motivi puramente fisici, ma più spesso psicologici. L'avversario viene annientato nella mente prima che nel corpo. Ecco perché l'essere umano che debba condurre una guerra ha bisogno di una preparazione specifica. Deve rinunciare a qualcosa della sua umanità per poter diventare efficace nell'azione bellica, ma senza arrivare a ridursi come un robot.
Gli isitituti destinati a dare la formazione militare in Europa, e nel mondo, si chiamano spesso Accademie, mutuando il termine da Platone. Anch'io ho fatto un'Accademia, ma era quella Albertina delle Belle Arti di Torino. A Platone forse non sarebbe piaciuta nemmeno questa, visto come la pensava sulle immagini.
Le immagini tuttavia sono molto potenti e contribuiscono, con il loro mondo parallelo, ad influenzare il pensiero, anche collettivo, sul mondo esistenziale, quello di tutti i giorni. In questo senso, decidere di portare una fotocamera nelle Accademie militari per fotografare i cadetti è un'azione forte, che difatti deve superare lunghe attese e le comprensibili diffidenze dei responsabili di quei luoghi.
Paolo, è sempre stato, ma lo è sempre di più, un autentico guerriero iconico. Un mix straordinario di pragmatismo, idealità, concretezza, pazienza, efficacia, rapidità, intuizione. Ecco perché ora ho tra le mani le oltre 200 pagine di CADETS, un libro intenso e ricco: 170 fotografie prese in 20 accademie di 14 nazioni europee.
In quest'opera, forse come mai prima d'ora, Paolo Verzone riesce a mettere in scena un ritratto ambientato che allo stesso tempo rispetta, descrive e inscrive il soggetto in cristalline geometrie cartesiane. L'essenza stessa della migliore istruzione militare. Un'iconografia che unisce insieme la tradizione, di cui gli ambienti sono ricolmi, con le tecnologie del momento. Tra antichi onori e nuove sfide ogni allievo è allo stesso tempo se stesso, ma anche il soldatino di stagno di un ipotetico diorama ottocentesco.
Personalmente, devo ammettere che la presenza femminile mi turba e nello stesso tempo mi attrae, anche come eros, in una sorta di ossimoro psicologico: il femminile che dona la vita addestrato per arrivare fino a toglierla, se necessario. Va anche considerato che siamo di fronte a fotografie prese ad allievi, quindi a chi si sta preparando ai fatti bellici, ma ancora non ha subito le offese del sangue versato. Siamo solo all'inizio di quella vicenda che trasformerà le persone prima in veterani e poi in reduci.
Mi fermo qui. Ringrazio Paolo per questo suo lavoro e gli appunto sul petto la medaglia della mia stima, che ad ogni progetto diventa sempre più grande.
Rompete le righe!
Il libro, su Amazon France:
http://www.amazon.fr/Cadets-Au-coeur-acad%C3%A9mies-militaires/dp/2732467073
La guerra per L'Europa è sempre stata una necessità, un modo di vivere, un mestiere, come bene ci raccontò Ermanno Olmi al cinema, e persino un'arte. La guerra, cioè il proseguimento della politica con i metodi coercitivi della violenza fisica organizzata, probabilmente ha radici profonde nel genere umano. Forse è parte stessa della natura umana. In ogni caso, non basta mai abbandonarsi a gesti impulsivi. Tutto va preparato, pensato, organizzato, provato. Ci vuole preparazione, e molta, perché stiamo parlando di paura, paura di morire e di far morire. Le guerre non si vincono quasi mai per motivi puramente fisici, ma più spesso psicologici. L'avversario viene annientato nella mente prima che nel corpo. Ecco perché l'essere umano che debba condurre una guerra ha bisogno di una preparazione specifica. Deve rinunciare a qualcosa della sua umanità per poter diventare efficace nell'azione bellica, ma senza arrivare a ridursi come un robot.
Gli isitituti destinati a dare la formazione militare in Europa, e nel mondo, si chiamano spesso Accademie, mutuando il termine da Platone. Anch'io ho fatto un'Accademia, ma era quella Albertina delle Belle Arti di Torino. A Platone forse non sarebbe piaciuta nemmeno questa, visto come la pensava sulle immagini.
Le immagini tuttavia sono molto potenti e contribuiscono, con il loro mondo parallelo, ad influenzare il pensiero, anche collettivo, sul mondo esistenziale, quello di tutti i giorni. In questo senso, decidere di portare una fotocamera nelle Accademie militari per fotografare i cadetti è un'azione forte, che difatti deve superare lunghe attese e le comprensibili diffidenze dei responsabili di quei luoghi.
Paolo, è sempre stato, ma lo è sempre di più, un autentico guerriero iconico. Un mix straordinario di pragmatismo, idealità, concretezza, pazienza, efficacia, rapidità, intuizione. Ecco perché ora ho tra le mani le oltre 200 pagine di CADETS, un libro intenso e ricco: 170 fotografie prese in 20 accademie di 14 nazioni europee.
In quest'opera, forse come mai prima d'ora, Paolo Verzone riesce a mettere in scena un ritratto ambientato che allo stesso tempo rispetta, descrive e inscrive il soggetto in cristalline geometrie cartesiane. L'essenza stessa della migliore istruzione militare. Un'iconografia che unisce insieme la tradizione, di cui gli ambienti sono ricolmi, con le tecnologie del momento. Tra antichi onori e nuove sfide ogni allievo è allo stesso tempo se stesso, ma anche il soldatino di stagno di un ipotetico diorama ottocentesco.
Personalmente, devo ammettere che la presenza femminile mi turba e nello stesso tempo mi attrae, anche come eros, in una sorta di ossimoro psicologico: il femminile che dona la vita addestrato per arrivare fino a toglierla, se necessario. Va anche considerato che siamo di fronte a fotografie prese ad allievi, quindi a chi si sta preparando ai fatti bellici, ma ancora non ha subito le offese del sangue versato. Siamo solo all'inizio di quella vicenda che trasformerà le persone prima in veterani e poi in reduci.
Mi fermo qui. Ringrazio Paolo per questo suo lavoro e gli appunto sul petto la medaglia della mia stima, che ad ogni progetto diventa sempre più grande.
Rompete le righe!
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