Bella proprio per questo.
©2006 Fulvio Bortolozzo. |
Peccato che le cose non stiano davvero in questa maniera. Non esiste una relazione di conseguenza diretta tra un canone formale visibile e il suo contenuto. Così abbiamo persone belle nelle forme e moralmente ignobili, luoghi belli nelle armonie di colori e luci e contaminati nella sostanza, cose belle e fonte di oppressione, ecc. ecc.
Il fotografico cosa c'entra con tutto questo? C'entra perché può essere adoperato per dare credibilità alla fiaba. Perché può consentire di credere, e far credere, che la bellezza esista in quanto tale e sia così come la desideriamo: pura, positiva, rigenerante, salvifica. La bellezza esteriore dico, quella visibile. Tutta la fotografia pubblicitaria e gran parte della fotografia amatoriale di tipo autoconsolatorio producono icone così concepite.
Il fotografico può però anche essere usato per non cadere nell'inganno. Per mettersi di fronte alle cose senza volerne trarre consolazioni o romanzi rosa. Per guardarle senza opinione preconcetta. Per ricominciare a nutrirsi di silenzio e contemplazione senza per forza ricavarne qualcosa con cui riempire la mente di parole. Per non dirle queste parole. Esiste un livello di esperienza che coincide con lo stare al mondo e precede il parlare del mondo, lo rende persino non necessario. Per attivarlo è indispensabile zittirsi e guardare. La traccia fotografica che se ne ricava può nuocere gravemente alle fantasticherie e riavvicinarci alle cose in quanto tali. Non perché le contenga, sarebbe l'ennesimo inganno, ma perché vi rimanda nel tempo e nello spazio, lì dov'è nata; per ripensare un'esperienza, per riviverla nella mente. Un'immagine che non cerca di dimostrare nulla, nemmeno che esista per forza la bellezza. Bella proprio per questo.
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