Una visione


Ricevo, e con molto piacere pubblico, un testo di Rosa Maria Puglisi nato dall'osservazione della mia serie Inspections in the future.


Una visione

È difficile dare la stura ai pensieri che si accalcano nella mia mente. Camminare non aiuta.

Il cielo è terso e l'aria sembra distendersi in una impalpabile coltre bluastra sopra il paesaggio aperto verso i monti, innanzi a me. Guardo intorno; calpesto questa scena; ne sono parte.

Sono parte trascurabile di un tutto più complesso di me, dei miei pensieri, dei sentimenti che provo guardando attraverso le mie lenti. Sono dentro, immerso, elemento fra gli altri, ma pensante. Mi aspetto qualcosa: un segno, come un emblema che riesca a restituire in un solo colpo d'occhio il senso di ciò che mi ingegno ad osservare e descrivere.

Perlustro il circondario, come se dovessi crearne una mappa. Cerco punti di riferimento: edifici, manufatti dell'uomo che interrompano quella continuità, che mi porta solitamente fuori strada.

L'edificio abbandonato che mi si para davanti: in la tutta la sua scalcinata mole è un inno allo sfacelo. Il suo grigiore, interrotto dalle ombre profonde che si annidano dietro pareti inesistenti, si erge ormai enigmatico al cielo circondato da alberi stanchi di protendere i rami al cielo, come braccia rinsecchite, supplicanti la pioggia.

Qua e là raccolgo tracce di una specie di naufragio: oggetti fra i più insoliti sono stati buttati a riva dal corso d'acqua, ora così difficile da immaginare nel suo impeto, ridotto com'è nel suo greto a poco più che un placido rivo. Eppure, in fondo, dietro l'ansa, alte montagne cariche di neve farebbero presagire immancabili piene.

L'aria ferma reca odori e suoni che non posso tracciare; malgrado io mi tenda come un arco verso il bersaglio, allineando il cervello all'occhio e l'occhio al cuore, non posso vedere altro che forme e colori indistinti.

I fili d'erba sono lineette un po' gialle, un po' verde bottiglia, e frammentano la mia visione. La sterpaglia e gli alberi calcinati sono intrecci di grigio, sui quali lo sguardo indugia, tentando invano di addentrarsi nel loro disegno scomposto, di ramo in ramo, di fuscello in fuscello. A perdita d'occhio. L'erba appassita cede sotto il mio passo incerto di cauto esploratore. Posso sentire nel mio respiro il lieve affanno di una ricerca senza posa.

Procedo soffermandomi di quando in quando a contemplare le tracce di un passato prossimo in lontananza dove i tralicci dell'elettricità convergono, creando un punto di fuga che conduce lo sguardo all'ammasso di palazzi sbiaditi che è città o periferia, non si sa più. Desaturata dalla leggera foschia acquista i connotati di un miraggio; di una proiezione su di un enorme fondale. Uno spazio su due dimensioni.

Mi guardo di nuovo intorno, ogni cosa sembra precipitarsi verso di me, reclamando la mia attenzione. Sono circondato da immagini che s'imprimono nella mia mente come su una lastra fotografica. Mi fermo. Non ho che da ritagliare qualche porzione di quanto ho immaginato.

Rosa Maria Puglisi


(© Copyright dell'autrice, 2012. Tutti i diritti riservati) 


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