La Repubblica dei ladri?
"la repubblica" su Google Immagini, ore 15:09 del 22 dicembre 2010.
Il giornalista de La Repubblica Michele Smargiassi ha postato ieri sul blog che cura all'interno del sito repubblica.it, chiamato Fotocrazia, un articolo intitolato L'insostenibile leggerezza dei pixel. Ebbene, questo articolo ha contato fino ad ora (ore 15:16 del 22 dicembre 2010) la incredibile cifra di 377 commenti!
Chiaramente, l'invito a tutti è di leggere con attenzione quell'articolo, anche per tentare di comprendere la vivacità delle reazioni che ha suscitato. Personalmente, oltre all'articolo, mi son preso la briga di leggere anche tutti i commenti (almeno quelli pubblicati fino a poco fa, perché continuano ad aumentare).
In sintesi, l'opinione che mi sono formato è quella di una montante intolleranza per gli atti che provengono da soggetti e luoghi dai quali si attendono comportamenti eticamente esemplari. Un po' com'era già capitato nella questione "Benedusi/Colombari", nella quale si era imputato a Denis Curti di aver gestito la cosa come se FORMA fosse una semplice impresa privata, mentre a tutti gli effetti giuridici è una Fondazione, e quindi: un ente senza finalità di lucro costituito da un patrimonio preordinato al perseguimento di un determinato scopo. Quindi con delle responsabilità culturali superiori e ben evidenti nei confronti della cittadinanza.
Anche in questo caso, parrebbe che i lettori di La Repubblica si attendano dalla loro testata non solo che fornisca informazioni giornalistiche di qualità (quindi approfondite e verificate), ma anche che lo faccia attraverso un comportamento che la differenzi moralmente dalla concorrenza. Qualcosa di simile a quella questione morale che tanto appassionava gli elettori del PC di Enrico Berlinguer.
Ma qual è l'oggetto del contendere? Bene, i redattori di repubblica.it non hanno trovato di meglio da fare che andare a spulciare su Flickr a caccia di fotografie sulla manifestazione di Roma del 14 dicembre scorso per costituire la loro solita galleria web. Trovate quelle di loro interesse, le hanno scaricate in barba agli avvisi di Copyright riservato (chiunque conosca Flickr, sa che vengono riportati con immediata evidenza se si prova a fare il solito copia/incolla) e non contenti di questo ne hanno modificate alcune, tagliando via dalle immagini i simboli © , i nomi dei fotografi e desaturando i colori. Di fronte alle rimostranze di quegli autori che si erano accorti dell'impresa a cose fatte, hanno poi pubblicato i nomi, tolto quelle per cui era stato chiesto di farlo, ma pare che non abbiano offerto pagamenti, e men che meno risarcimenti, a nessuno.
A fronte di questa bella impresa editoriale, alcuni dei fotografi che hanno avuto l'onore della non richiesta "pubblicazione", scrivono una lettera a Michele Smargiassi per esporre le loro ragioni a un giornalista de La Repubblica che reputano attento alle questioni fotografiche. Per tutta risposta Michele pubblica un lungo articolo sul blog nel quale tenta di non sindacare sul particolare, pur non approvando apertamente l'operato del suo giornale, ma di spostare il discorso su un'analisi più generale di come cambia il diritto di proprietà intellettuale nel tempo di Internet e... apriti cielo! Uno Tsunami di commenti spesso molto aggressivi lo sommerge. A questo evento poco pre-natalizio, devo dire che il Fotocrate oppone una sponda puntuale e ammirevole nella sua volontà di non sfuggire alla dialettica. Peccato però che lo faccia dal suo posto di lavoro, su un blog che viene pubblicato su repubblica.it. Difatti molti commentatori non scindono la persona Smargiassi dalla testata La Repubblica e così lui si ritrova a fare la fine dell'addetto dell'Ufficio Reclami: non ha colpa di nulla, ma porta quella di tutti.
Al di là del merito, che mi vede apertamente solidale con i fotografi "pubblicati" e di condanna totale del vero e proprio ladrocinio operato dal personale incaricato di "trovare foto sulla rete" (resterebbe poi da stabilire se la responsabilità sia occasionale e individuale di un qualche avventizio troppo "disinvolto" o sia un vero e proprio "ordine di scuderia", anche se propendo per quest'ultima ipotesi) , rilevo che oggi i discorsi non bastano più. Bisogna anche farli dai posti giusti e accompagnarli con comportamenti che appaiano coerenti.
Per questo motivo, nel mio piccolo formicaio, non accetto di fare pubblicità virale, nemmeno dichiarata, e rinuncio a qualsiasi banner pubblicitario sul mio blog e sui miei siti. Le mie parole avrebbero inevitabilmente un "sapore" diverso e meno indipendente. La favoletta dell'intellettuale libero da condizionamenti commerciali, e da interessi privati, non regge più. Troppi scandali, di ogni parte politica, hanno distrutto nell'opinione pubblica ogni fiducia in tal senso. Penso che oggi oltre a cosa si dice, sia importante quindi anche costruire il contesto per dirlo. Un contesto chiaro e diretto, senza ombre reali o presumibili.