Un appello
"Appunti per gli occhi" ©2009 Fulvio Bortolozzo.
Ho ricevuto una e-mail circolare da Cesare Colombo, autore storico della fotografia italiana che mi onora da qualche anno di un'amichevole attenzione. Nella sua e-mail chiede di dare diffusione ad un appello in cui appare come co-firmatario insieme ad altri undici colleghi. E quindi eccomi qui a dare una mano come posso, attraverso il mio blog.
Tuttavia, per onestà intellettuale, devo anche dire che non condivido pienamente lo spirito e la lettera dell'iniziativa. Per carità, meglio questo che il silenzio, ma forse si poteva osare qualcosa di più. Ritengo, per esempio, che forse un allargamento della possibilità di firmare l'appello, come poi si usa di solito, avrebbe coinvolto meglio i tantissimi fotografi i quali penso sentano il problema almeno quanto i dodici che l'hanno redatto. Poi più che pensare ad un appello (a chi? All'opinione pubblica? Al governo? Ai ricattatori? Agli "uomini di buona volontà"?) sarebbe ora di sedersi attorno ad un tavolo per costituire finalmente una vera e propria lobby dei fotografi, in puro stile americano. Penso ad un organo in grado di difendere in sede legislativa e mediatica i diritti di quanti fotografano per passione, professione e arte. Il primo di questi diritti, ormai troppo spesso negato, è quello della libertà di fotografare ciò che si vede pubblicamente, anche se questo entrasse in conflitto con il diritto all'immagine e alla privacy, che sono adesso così esasperatamente invocati da renderli davvero troppo simili al "diritto all'omertà", da sempre praticato dalle mafie per ottenere il loro controllo sociale. Si tratta quindi di agire per riformare la legislazione in favore, una buona volta, della "Libera fotografia in libero stato". Il diritto di fotografare va parificato a quello di leggere e scrivere, perché nella società dei media digitali visivi condivisi (Internet e telefonia mobile su tutti), fotografare è ormai per milioni di persone un modo diretto per esprimere il proprio pensiero, proprio come parlare e scrivere. Lo so, indico la luna, ma vi prego, non fermatevi a guardare il dito...
Ecco ora l'appello:
NO AI FOTO-RICATTI: UN APPELLO
Da diversi mesi il mondo dell’ editoria e del giornalismo fotografico è al centro di notizie di cronaca relative a vicende giudiziarie, nelle quali le immagini fotografiche sono utilizzate come pretesto di inaccettabili pratiche ricattatorie.
Ho ricevuto una e-mail circolare da Cesare Colombo, autore storico della fotografia italiana che mi onora da qualche anno di un'amichevole attenzione. Nella sua e-mail chiede di dare diffusione ad un appello in cui appare come co-firmatario insieme ad altri undici colleghi. E quindi eccomi qui a dare una mano come posso, attraverso il mio blog.
Tuttavia, per onestà intellettuale, devo anche dire che non condivido pienamente lo spirito e la lettera dell'iniziativa. Per carità, meglio questo che il silenzio, ma forse si poteva osare qualcosa di più. Ritengo, per esempio, che forse un allargamento della possibilità di firmare l'appello, come poi si usa di solito, avrebbe coinvolto meglio i tantissimi fotografi i quali penso sentano il problema almeno quanto i dodici che l'hanno redatto. Poi più che pensare ad un appello (a chi? All'opinione pubblica? Al governo? Ai ricattatori? Agli "uomini di buona volontà"?) sarebbe ora di sedersi attorno ad un tavolo per costituire finalmente una vera e propria lobby dei fotografi, in puro stile americano. Penso ad un organo in grado di difendere in sede legislativa e mediatica i diritti di quanti fotografano per passione, professione e arte. Il primo di questi diritti, ormai troppo spesso negato, è quello della libertà di fotografare ciò che si vede pubblicamente, anche se questo entrasse in conflitto con il diritto all'immagine e alla privacy, che sono adesso così esasperatamente invocati da renderli davvero troppo simili al "diritto all'omertà", da sempre praticato dalle mafie per ottenere il loro controllo sociale. Si tratta quindi di agire per riformare la legislazione in favore, una buona volta, della "Libera fotografia in libero stato". Il diritto di fotografare va parificato a quello di leggere e scrivere, perché nella società dei media digitali visivi condivisi (Internet e telefonia mobile su tutti), fotografare è ormai per milioni di persone un modo diretto per esprimere il proprio pensiero, proprio come parlare e scrivere. Lo so, indico la luna, ma vi prego, non fermatevi a guardare il dito...
Ecco ora l'appello:
NO AI FOTO-RICATTI: UN APPELLO
Da diversi mesi il mondo dell’ editoria e del giornalismo fotografico è al centro di notizie di cronaca relative a vicende giudiziarie, nelle quali le immagini fotografiche sono utilizzate come pretesto di inaccettabili pratiche ricattatorie.
Per ognuno di noi – fotografi, studiosi, operatori delle immagini – il valore delle riprese è costituito dall’ accuratezza della testimonianza, dalla completezza documentaria, in certi casi dalla creatività degli autori.
Produrre, valutare e utilizzare fotografie in ambito giornalistico e documentario, significa per noi far conoscere meglio il mondo attraverso di esse. Per questo motivo siamo contro ogni manipolazione e ogni censura che non sia motivata da valori etici o dal rispetto della privacy.
Ci appare quindi inammissibile che esistano e si diffondano pratiche mirate all’ occultamento delle immagini; o alla loro pubblicazione, solo in cambio di somme di danaro dai soggetti ritratti, o di altri meno confessabili vantaggi.
Chi lavora per e attraverso le immagini – come noi tutti – non può accettare questo offensivo capovolgimento di ruoli. Tanto meno possiamo accettare che il discredito, le ombre sul nostro lavoro, attraverso ingiuste generalizzazioni, si diffondano e ci travolgano. Crediamo che le fotografie, ed ogni tipo di immagine ottica, non debbano restare chiuse nelle casseforti. Esse nascono in vista della loro diffusione più estesa, per una civile informazione, per un’opinione pubblica più matura e , in prospettiva, per favorire una maggiore cultura visiva. Non dovrebbero mai essere usate strumentalmente attraverso minacce e ricatti. Tutto ciò infatti si trasformerebbe, alla fine, in un ricatto anche per la nostra professione, i nostri diritti, le nostre idee. E ovviamente anche in un peggioramento della qualità d’informazione nel nostro Paese.
Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Leonardo Brogioni, Giovanna Calvenzi, Marco Capovilla, Gianluigi Colin, Cesare Colombo, Roberto Koch, Roberto Mutti, Silvia Paoli, Luigi Tomassini, Roberta Valtorta.