Fotografare il padre
Un amico mi ha segnalato un lavoro che ha definito: "una classica americanata costruita ad arte per commuovere". Nel consegnarmi questo parere così negativo, mi ha però anche avvisato di ritrovarsi da solo all'interno del forum che frequenta a pensarla così. Gli altri elogiano moltissimo l'autore. Molto incuriosito, sono andato a vedere di che si trattava e, prima di procedere oltre, forse è bene che veda il lavoro anche chi mi legge, cliccando sull'immagine sottostante.
Visto? Cosa ve ne pare?
In attesa di sentire opinioni altrui, dico la mia.
Lavori sulla fine della vita di persone anziane ne ho già visti altri. In comune hanno un tema così esistenzialmente delicato che diventa difficile criticarli perché sembra di sparare sulla Croce Rossa. Nel caso specifico, vi sono diverse cose che non trovo riuscite. In primo luogo, la "confezione" molto professionale. Ogni dettaglio fototecnico è così curato che pare di essere su di un set e non in casa di una persona. L'effetto è freddo, crea distacco invece che partecipazione. Assomiglia più ad una campagna promozionale di qualche Onlus che ad un resoconto intimo e diretto del rapporto tra un figlio e un padre. Lo stesso colore scurito e desaturato, oggi abusatissimo, rende tutto patinato e distante. Il testo poi invece di "aumentare" la temperatura emotiva del lavoro, crea distrazione, aggiunge dettagli inessenziali. Il numero di immagini è inoltre eccessivo. Ne bastavano una ventina al massimo, ma di maggiore intensità.
Infine, con il dovuto rispetto per le persone coinvolte nell'operazione, non sono riuscito a trovare in questo lavoro che luoghi comuni, più o meno buonisti anche se perfettamente "illustrati". Qui sta forse il punto veramente dolente. A mio parere, la pratica fotografica raggiunge la sua massima efficacia quando diventa scoperta di qualcosa che prima di essere fotografato non era per nulla evidente. Usarla invece per visualizzare concetti e pensieri pregressi è come andare con una Ferrari a comperarsi le sigarette sotto casa. Per molti sarà anche un lusso, ma per me rimane uno spreco senza senso.
© Phillip Toledano from the series "Days with my father"
Visto? Cosa ve ne pare?
In attesa di sentire opinioni altrui, dico la mia.
Lavori sulla fine della vita di persone anziane ne ho già visti altri. In comune hanno un tema così esistenzialmente delicato che diventa difficile criticarli perché sembra di sparare sulla Croce Rossa. Nel caso specifico, vi sono diverse cose che non trovo riuscite. In primo luogo, la "confezione" molto professionale. Ogni dettaglio fototecnico è così curato che pare di essere su di un set e non in casa di una persona. L'effetto è freddo, crea distacco invece che partecipazione. Assomiglia più ad una campagna promozionale di qualche Onlus che ad un resoconto intimo e diretto del rapporto tra un figlio e un padre. Lo stesso colore scurito e desaturato, oggi abusatissimo, rende tutto patinato e distante. Il testo poi invece di "aumentare" la temperatura emotiva del lavoro, crea distrazione, aggiunge dettagli inessenziali. Il numero di immagini è inoltre eccessivo. Ne bastavano una ventina al massimo, ma di maggiore intensità.
Infine, con il dovuto rispetto per le persone coinvolte nell'operazione, non sono riuscito a trovare in questo lavoro che luoghi comuni, più o meno buonisti anche se perfettamente "illustrati". Qui sta forse il punto veramente dolente. A mio parere, la pratica fotografica raggiunge la sua massima efficacia quando diventa scoperta di qualcosa che prima di essere fotografato non era per nulla evidente. Usarla invece per visualizzare concetti e pensieri pregressi è come andare con una Ferrari a comperarsi le sigarette sotto casa. Per molti sarà anche un lusso, ma per me rimane uno spreco senza senso.