Sinner, l'italiano.


A volte capitano dei piccoli miracoli immeritati.
Come un fiore nel deserto è sbocciato un giovane campione di tennis educato, umile, gentile, sensibile e attento agli esseri umani che gli stanno intorno. Nel deserto di un'Italia sempre più incanaglita e amorale, senza limiti di generazione, classe sociale, cultura e provenienza regionale. Come può essere italiano un uomo così lontano da quanto di peggio riesce ad esprimere l'italianità contemporanea? Eppure da una zona influenzata dalla cultura tedesca, senza per questo essere meno italiana di altre zone influenzate da culture balcaniche, magrebine, francesi, ispaniche e dalle mille e mille che in tanti secoli di storia si sono mescolate nello Stivale dando origine a questo unicum planetario che è l'Italia, arriva oggi sulle spalle di questo giovane uomo un esempio, una speranza, una luce nella notte fonda dei nostri giorni disperati e disperanti. Una luce di civiltà, rispetto e anche forza, determinazione e volontà di vittoria, senza per questo doversi comportare da predatori violenti e senza scrupoli. Senza calcoli cinici e sotterfugi da furbi delinquenti. Non so se questa figura potrà ispirare qualche suo coetaneo o sopravvivere alla disillusione amara di noi boomers, ma certo questo è l'italiano che vorrei essere e che vorrei vedere nel Paese, dovunque, in ogni ruolo e posizione. Grazie Jannik per esserci. Resta così, per favore. C'è un grande bisogno di italianità, ma di quella vera, fin qui solo sognata e ancora da realizzare veramente. Al di là del tennis, al di là di tutto.

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