Tre mostre in due sedi.

Ieri mattina ero a Torino, cosa che ultimamente mi capita sempre più di rado, passando altrove la maggior parte del tempo. Così sono andato alle Gallerie d'Italia e a Palazzo Chiablese, un po' con lo spirito del turista incuriosito dalle fotografie.

Alle Gallerie d'Italia c'è fino al 16 luglio JR, con delle installazioni a base fotografica. Penso sia la mostra che ho visto più velocemente in vita mia. Una prima sala con delle teste di bambino giganti stampate su tessuto intelaiato e sagomato con alla base vestiario accumulato come fossero stracci. Nella seconda sala sagome fotografiche di bambini che giocano a pallone, con rumori e voci connessi. Nella sala immersiva, sempre suggestiva, spezzoni di video vari. Il tema generale mi è parso l'infanzia in specie africana nei luoghi d'origine. Fuffa, ma buona, equa e solidale. Non penso che tra decenni resterà il ricordo di un artista epocale.

Nelle salette minori si è da poco aperta una personale di Mimmo Jodice. Una specie di trailer per collezionisti del meglio del Maestro. Jodice non si discute come artista e fotografo. La sua qualità concettuale e di stampa è ai massimi livelli. Ma presentato così, come "best of" riunito per temi (mare, Napoli, città, natura, ecc.) sembra più un catalogo Amazon che non una rassegna pensata per poter avvicinare e capire la sua opera. Conservo il ricordo di una mostra davvero eccellente fatta da Castagnoli alla GAM (2001), quando stava facendo la guerra alla morente Fondazione Italiana per la Fotografia della D'Alessandro e metteva insieme mostre da urlo, come anche fu quella su Basilico. L'unica parte davvero ancora interessante di questa alle Gallerie è quella sperimentale iniziale. Lì, con un po' di buona volontà del visitatore, si intuisce che Jodice non è solo un formalista virtuoso della camera oscura, ma proprio un artista a tutto tondo.

A Palazzo Chiablese, sempre fino al 16 luglio, c'è la mostra di Ruth Orkin. Questa davvero ben fatta. Fotografa di seconda linea e sconosciuta ai più, me compreso lo confesso, viene messa ora in bella luce grazie a questa esposizione cronologica curata nei dettagli e nelle didascalie. In sostanza, un'altra donna fotografa statunitense da rivalutare, fotoreporter molto professionale e che ha goduto dell'età dell'oro dei periodici illustrati, prima dell'avvento della televisione. Il suo sogno infantile era di fare la regista cinematografica, ma all'epoca per una donna era piuttosto impossibile. Le donne stavano davanti alla cinepresa a far sognare generazioni di uomini, o nelle retrovie a fare il lavoro sporco mentre gli uomini si godevano la ribalta firmando i successi. Così riversò nella narrazione fotografica delle riviste le sue tensioni filmiche, portando in questo modo un suo approccio originale al settore. Come artista, mi pare che la sua performance del viaggio in bicicletta da Los Angelese a New York del 1939, con annesso diario fotografico, sia il risultato più alto e impressionante ancora oggi. Segue il film "Il piccolo fuggitivo (The Little Fugitive) del 1953, realizzato insieme a Ray Ashley e Morris Engel (suo marito). François Truffaut ebbe in seguito a dichiarare che la Nouvelle Vague non sarebbe esistita senza la fonte di quel film a cui si abbeverarono i registi francesi di quel movimento.

Questo è tutto, per ora.





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