Empatia portami via.

Spesso i turisti stranieri raccontano di italiani simpatici che sanno viversi bene la vita. Buona cucina, tanto sole e ammore, il dolce far niente, insomma il paradiso in terra. Non vedono, non possono vedere, che la simpatia italica è del tutto concentrata sul proprio tornaconto personale, al massimo familiare. Il simpatico funziona. Poi se è anche un po' furbetto, ancora di più. Diventa irresistibile.

Tutto bene quindi. Sì, fino a quando ognuno riesce a fare il suo gioco, non importa se grande o piccolo. Quando le cose girano ce n'è per tutti. Tutto si complica quando iniziano i problemi. Ecco che la spontanea simpatia nazionale, tanto ammirata da chi ci fa visita con dei soldi da spendere, mostra i suoi limiti. Si scopre facilmente ad ogni istante che il simpatico italiano è concentratissimo sui fatti propri e solo per essi si muove cercando con ogni mezzo di arrivare dove vuole. Scansati prossimo mio che non ti conosco e di te non me ne frega esattamente niente.

Chi ha fatto le "scuole alte" ammanta il tutto di maniere ipocrite, i meno obbligatoriamente istruiti se non altro sono più diretti e sinceri. Milioni di individui a cui non frega niente di altri milioni di individui. Certo con le dovute eccezioni delle tante anime buone che alimentano il volontariato o anche solo svolgono con dignità e onore il loro lavoro, qualsiasi esso sia. Sono loro che tengono davvero in piedi la baracca. Non penso però per molto ancora.

Manca un sentimento fondamentale che dovrebbe alimentare l'unità nazionale: l'empatia. Quel mettersi nei panni degli altri per comprenderne i motivi e insieme tentare delle soluzioni condivisibili. Al massimo si assiste ad una specie di "empatia corporativa", ovviamente contrapposta ad altre. Questa pandemia è perfetta per far emergere con evidenza la situazione: chi lavora stipendiato e garantito se ne frega di chi lavora in proprio e viceversa. Chi scia e vive di sci se ne frega di chi vive di balneazione e viceversa. Oggi piangono sui monti, a luglio piangeranno sulle spiagge e tutti i ristoratori piangono ogni giorno. Ma solo per loro stessi. Fare dei morti per sciare, spiaggiarsi o cenare fuori non interessa davvero a nessuno. Nemmeno ai clienti. Una rimozione tragica.

Vivere ha senso solo se si può godersi la vita, perché il lavoro è una maledizione e spendere è l'unico divertimento reale. Anche per andare al cinema o a una mostra, mica solo allo stadio o in palestra. Se non consumo, non sono. Eppure basterebbe un recupero dell'empatia, un mettersi nei panni del prossimo per comprendere nel profondo le parole del Presidente della Repubblica e del Santo Padre: o ci si salva tutti o nessuno. Senza empatia la fine è certa. La pandemia diventa endemia, e proprio come in guerra, resteranno vivi non i migliori, i meritevoli e nemmeno i peggiori, i delinquenti, ma solo i fortunati o quelli in grado di adattarsi a tutto. Una selezione "naturale" forse davvero inevitabile. Chissà.




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