Testo e contesto.

 


In un recente episodio di intolleranza iconografica, Martin Parr è stato accusato di "analfabetismo visivo". Al di là della triste vicenda, è interessante notare che con molta probabilità siamo di fronte ad un cambiamento antropologico del rapporto con le immagini nelle società occidentalizzate. 

Secondo la tradizione, le immagini possiederebbero una loro autonomia, sarebbero cioè dotate di senso proprio al di là di come e dove possano apparire. Perché questo accada però è fondamentale che gli umani accettino questa speciale relazione e sappiano praticarla. Per secoli questo non è stato un problema, perché la linea di continuità culturale ha permesso a generazioni successive di mantenere una relazione stabile e diretta con le immagini.

L'avvento dei nuovi social media ha però stravolto le cose. La perdita di ogni orientamento temporale e gerarchico nelle informazioni ricevute produce un appiattimento sull'istante presente della comprensione di quanto si riceve. Qualsiasi immagine funziona nel contesto in cui viene ricevuta al momento, non importa quale sia la sua posizione originale e datazione. 

La perdita della prospettiva, sia storica sia culturale, provoca un impoverimento drammatico nella capacità comprensione di un'immagine, che viene ridotta a poco più di un ideogramma posto all'interno di un linguaggio basico fatto di stimoli visivi successivi più o meno organizzati dal contesto in cui si ricevono.

L'analfabetismo visivo, se così vogliamo chiamarlo, non è quindi di quanti mantengono un rapporto tradizionale con le immagini, ma di coloro che l'hanno perduto, ovvero mai imparato, e che pretendono di imporre la dittatura della loro ignoranza maggioritaria.


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