E poi Artissima, The Others, Flashback.


Così, nell'ordine in cui le ho viste. Sono davvero tanti anni ormai che aspetto i tre giorni dell'Apocalisse artistica come fosse Natale. Mi preparo psicofisicamente a sostenere il ritmo elevatissimo imposto dalle quantità: scarsissime di tempo e diluvianti di opere.
Purtroppo non ci ho più il fisico. Una sola fiera al dì mi basta e meno male che Paratissima parte prima!


Artissima è Artissima. Rimane l'evento che tiene in piedi tutto il resto. Insostituibile. La sede dell'Oval è sempre funzionale e spettacolare. Ormai è un passaggio obbligato e tradizionale della passeggiata torinese festiva, un po' come il Salone del Libro. Si va da soli, in coppia, con la famiglia o in gruppo a transumare tra un corridoio colorato e l'altro cercando qualcosa di diverso, divertente o stupefacente. Finiti i piedi ci si stravacca ovunque o, se si è tra i fighi esclusivi, nella Lounge panoramica o nello spazio Illy. La cosa sempre valida è il trovare tante gallerie da mezzo mondo: una bella boccata d'ossigeno contro le polveri sottili del conformismo subalpino. La cosa meno valida è però che, anno dopo anno, il senso di una fiera della novità, dell'arte giovane, rivoluzionaria persino, e rivolta al futuro si sta ammosciando assai. Un po' meno issima. Penso manchi del testoterone nello staff curatoriale. Tutte ragazze, in gamba certo, ma tutte troppo a modino. Manca un bel rutto qua è là, una provocazione sbiellata tipica degli ormoni maschili applicati all'arte. Insomma farla fuori dal vaso in arte non sarà bon ton, ma mette anima e sangue quando servono. Quote azzurre nella curatela subito!


The Others invece mi pare stia ondivagando in cerca di un'identità.  La nuova sede dell'ex ospedale militare Riberi è a suo modo suggestiva, ma si sente fin troppo di essere all'interno di un'area militare ancora in parte operativa. Per carità, sono uno degli ultimi najoni (6° scaglione '81) per cui un certo effetto nostalgia gioca a favore. Però il contrasto tra il militare e l'artistico gioca invece a sfavore di quest'ultimo. In compenso i tre padiglioni sono puliti e ordinati per benino in un parco arioso. Si circola senza il tono depressivo dell'ex ospedale Maria Adelaide o la claustrofobia delle ex Carceri Nuove. The Others però ha perduto la carica eversiva delle prime edizioni carcerarie. Si entrava sapendo che potevano esserci opere strepitose nascoste in qualcuna delle celle. Serviva anche da botta di vita dopo la paludata Artissima. Invece quest'anno è stato un gradevole passeggiare tra opere interessanti, qualcuna più fantasiosa, ma insomma, se anche non si fossero viste non moriva nessuno.


Flashback rimane una roccia con un'identità adamantina. Arte solida, di alta qualità. Pezzi uno più bello dell'altro non importa di quale epoca. Pur essendo la più piccola delle tre, ci si passano le ore a contemplare ogni singolo pezzo in un clima davvero rilassato. L'allestimento giocato sugli spazi ampi e ben curati è davvero lodevole. Il pubblico è molto attento e si distribuisce bene lungo il percorso.


Sarà l'età, ma ormai mi appassiono più che altro alle immagini, meglio se fotografiche, ma anche tradizionali e persino tridimensionali, purché abbiano una loro propria autonoma forza iconografica. Quella che non chiede spiegoni concettosi o pizze filosofiche per essere goduta, ma solo una viva sensibilità percettiva. In questo senso, Flashback è la fiera dove mi sono davvero divertito come un bambino nel Paese dei balocchi. Anche Paratissima, già l'avevo scritto, mi ha dato momenti belli, in specie nella sezione fotografica Ph.ocus. Artissima è la madre di tutte le fiere d'arte sabaude e per questo continua a meritarsi ogni reverenza e la visita canonica. The Others penso sia ad un bivio. Ri-trovare l'identità originaria, oppure trovarne una nuova, o infine perdere totalmente di senso.






ARCHIVIO

Mostra di più

HASHTAG

Mostra di più