Come i cavoli a merenda.

©2013 Fulvio Bortolozzo.

Una questione complessa, non solo nel fotografico, è quella dell'autore. Nel Novecento la figura romantica del demiurgo eroico e geniale è stata smontata pezzo per pezzo dalle feroci critiche ideologiche provenienti in massima parte dall'ambiente culturale marxista. Non senza valide ragioni. Come però spesso accade si passa da un'esagerazione all'altra ed ora il povero autore fatica ad essere persino preso in considerazione come tale, massacrato da tutti quelli che si arrogano il diritto di dire e fare delle sue opere quello che più pare e piace.

In medium sta virtus. Il che non significa trovare la virtù nella mediocrità, ma cercare un punto di equilibrio. Fedele a questa regola di vita, penso che l'autorialità sia una componente ineliminabile nella produzione di una qualsiasi opera, non solo e necessariamente d'arte. Senza autori, niente opere.

Nel contempo, dando il giusto riconoscimento, quando si possa, alla paternità di un'opera, va anche considerato che essa è il frutto di un felice "attraversamento". Una congiunzione temporanea tra flussi di pensiero collettivi e la persona che li cristallizza in qualche suo modo. L'autore quindi non è centrale, pur essendo però essenziale, quasi un paradosso irrisolvibile se lo si affronta con atteggiamenti manichei. Per questo motivo, una seria valutazione critica dovrebbe prendere in primaria considerazione ogni informazione utile a definire quale relazione abbia stabilito l'autore con la propria opera.

Solo così penso sia possibile ipotizzare dei valori culturali pertinenti ed evitarsi la vanità di tirare fuori dalle opere delle strampalate fantasticherie personali che con il povero autore c'entrano sempre come i cavoli a merenda.




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