Una storia torinese, anzi italiana.

©2014 Fulvio Bortolozzo.
Lunedì 19 maggio 2014, ore 18. Circolo dei Lettori di via Bogino a Torino, saletta completamente colma per la presentazione del libro di Daniela Trunfio edito da Prinp intitolato "Fondazione italiana per la fotografia. 1985-2006". Partecipano, oltre all'autrice, l'editore Dario Salani, Lorenza Bravetta, responsabile di Magnum Photos per l'Europa continentale e il giornalista de La Stampa Rocco Moliterni in veste di moderatore.

L'opera raccoglie una documentazione sull'attività svolta dalla Fondazione insieme alla testimonianza diretta dell'autrice che ne percorse la vicenda al fianco di Luisella D'Alessandro, l'artefice fondamentale.

Tema molto complesso questo della FIF, ancora da chiarire in vari punti, che ho avuto l'occasione di seguire direttamente in alcune sue fasi. Durante la presentazione sono state messe in evidenza le luci incontrovertibili dell'azione di Luisella e della sua creatura. Come accade sovente in Italia, tutto nasce da una insopprimibile passione personale che nel tempo raccoglie attorno a sè consenso, forze e sostegno fino a raggiungere anche traguardi impensabili. Specialmente nella fase iniziale, quella delle Biennali di Fotografia organizzate dall'Associazione Torino Fotografia, prima quindi di divenire Fondazione e stabilire la sua sede in via Avogadro, la spinta propulsiva culturale che venne espressa fu straordinaria. Dal nulla Torino divenne in breve tempo uno dei luoghi della cultura fotografica internazionale e l'unico a livello nazionale con un'offerta di così varia ed elevata qualità. All'epoca ero un giovane che godeva del privilegio di ritrovarsi in una città dove approdavano i lavori di grandi maestri accanto a quelli di miei coetanei emergenti e venivano a tenervi conferenze nomi eccellenti. Ricordo ancora la forte impressione che mi fece, per esempio, sentir parlare Vilém Flusser e Franco Vaccari durante Torino Fotografia '85.

Come però molte altre storie italiane insegnano, passare dalla passione alla costruzione di un sistema strutturato e coerente non è cosa scontata e qui vengono fuori le ombre, non messe in evidenza dall'autrice durante la presentazione del libro. L'avventura della Fondazione pose nuovi problemi di gestione: organizzare il personale dipendente, svolgere l'attività didattica, programmare la stagione espositiva, tenere sotto controllo un bilancio vincolato alle contribuzioni pubbliche, stabilire rapporti di fiducia con i fornitori, mantenere una progettualità istituzionale all'altezza del panorama internazionale. Questioni sulle quali l'originale forza propulsiva non riesce a convertirsi in un sistema di lavoro davvero efficace e finisce progressivamente per impantanarsi, anche per le oggettive responsabilità del gruppo dirigente, fino al drammatico epilogo finale del commissariamento per via di  bilanci poco trasparenti e molto dissestati.

E qui si passa dal dramma alla tragedia. Con la Fondazione viene buttata via anche la cultura fotografica. Dovrebbe continuare ad occuparsi di fotografia la Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea, che sotto la direzione di Pier Giovanni Castagnoli aveva condotto una sorta di "guerra fredda" contro Luisella D'Alessandro a colpi di mostre di grandi fotografi. L'episodio forse più eclatante e, per certi aspetti, comico, avvenne nel 2002 con la doppia mostra personale simultanea di Nino Migliori in GAM e Fondazione. Purtroppo però sembra che il fallimento dell'esperienza FIF avesse reso la parola "fotografia" una parolaccia, da evitare il più possibile e la GAM finisce per disinteressarsene, evitando accuratamente di aprire un Dipartimento di Fotografia, come invece in precedenza veniva ipotizzato.

 Nel 2007 chiuderà poi i battenti anche la Libreria Agorà di Rosalba Spitaleri e Bruno Boveri, impresa privata che mai ebbe un qualche sostegno dalle istituzioni pubbliche nei circa trent'anni di costante e assidua attività di altissimo livello per la promozione della cultura fotografica italiana e internazionale. FIF e Agorà non trovarono mai forme continuative di collaborazione, ma per me sono sempre state tra loro complementari come un prezioso polo tutto torinese e unico in Italia nel suo genere, tanto che da allora nulla di anche lontanamente simile è mai più apparso in città.

Questo però è il triste passato. Dopo lunghi anni di traversata nel deserto, arriva la Magnum Photos a rialzare qualche bandierina. Sì, sono state fatte finora solo mostre di loro autori storici. Però piacciono al pubblico torinese. Su questa prima base, partirà qui a Torino nel 2015 l'esperienza innovativa di Camera, nella quale Magnum Photos avrà parte importante insieme a Intesa San Paolo ed Eni, con il beneplacito dell'amministrazione comunale. Lorenza Bravetta era alla conferenza per presentare questa novità e per raccogliere il testimone, ma con i dovuti e doverosi distinguo, delle passate vicende locali. Chi vivrà, vedrà. Per ora non mi resta che auspicare una rinascita della cultura fotografica a Torino che sia all'altezza del mutato panorama contemporaneo e in grado di promuoverne le nuove tendenze evolutive.

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