Nel vetro delle ampolle.

©2012 Fulvio Bortolozzo - dalla serie Note a perdere.
C'è una persona che fa collezione di sabbia. Viaggia per il mondo, e quando arriva a una spiaggia marina, alle rive d'un fiume o d'un lago, a un deserto, a una landa, raccoglie una manciata d'arena e se la porta con sé. Al ritorno, l'attendono allineati in lunghi scaffali centinaia di flaconi di vetro entro i quali la fine sabbia grigia del Balaton, quella bianchissima del Golfo del Siam, quella rossa che il corso del Gambia deposita giù per il Senegal, dispiegano la loro non vasta gamma di colori sfumati, rivelano un'uniformità da superficie lunare, pur attraverso le differenze di granulosità e consistenza, dal ghiaino bianco e nero del Caspio che sembra ancora inzuppato d'acqua salata, ai minutissimi sassolini di Maratea, bianchi e neri anch'essi, alla sottile farina bianca punteggiata di chiocciole viola di Turtle Bay, vicino a Malindi nel Kenia.

In un'esposizione di collezioni strane che c'è stata di recente a Parigi –.collezioni di campani da mucche, di giochi di tombola, di capsule di bottiglie, di fischietti di terracotta, di biglietti ferroviari, di trottole, d'involucri di rotoli di carta igienica, di distintivi collaborazionisti dell'occupazione, di rane imbalsamate.–, la vetrina della collezione di sabbia era la meno appariscente ma pure la più misteriosa, quella che sembrava aver più cose da dire, pur attraverso l'opaco silenzio imprigionato nel vetro delle ampolle.

Italo Calvino, Collezione di sabbia, 1984.

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