Una città banale

©2010 Fulvio Bortolozzo - serie Scene di passaggio (Soap Opera).
È attraverso Dada che si attua il passaggio dal rappresentare la città del futuro all'abitare la città del banale. Quella futurista era una città attraversata da flussi di energia e da vortici di masse umane, una città che ha perso ogni possibilità di visione statica e che viene messa in azione dalle macchine in velocità, dalle luci, dai rumori, dal moltiplicarsi dei punti di vista prospettici e dalla metamorfosi continua dello spazio. (...)
Tristan Tzara nel manifesto del 1916 aveva dichiarato che Dada è «decisamente contro il futuro», trovando già nel presente ogni sorta di universo possibile. Le azioni urbane compiute all'inizio degli anni Venti dal gruppo parigino che si era formato attorno a Breton sono già lontane dai proclami futuristi. La città dadaista è una città banale che ha abbandonato tutte le utopie ipertecnologiche del futurismo. La frequentazione e la visita dei luoghi insulsi sono per i dadaisti una forma concreta per operare la dissacrazione totale dell'arte, per giungere all'unione tra arte e vita, tra sublime e quotidiano. È interessante notare che il teatro della prima azione Dada è proprio la moderna Parigi, la città dove già dalla fine del secolo si aggirava il flâneur, quel personaggio effimero che ribellandosi alla modernità perdeva il suo tempo beandosi dell'insolito e dell'assurdo vagabondando per la città. Dada eleva la tradizione della flânerie a operazione estetica.

(Francesco Careri, Walkscapes)
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